Il caffè è cosa sacra a Napoli ed, in quanto tale, va sottolineato che s’hadda sapé fa (si deve saper preparare); a chiunque è però capitato, almeno una volta nella vita, di imbattersi in qualche barista inesperto e di trovarsi dunque al bancone un caffè non proprio gustoso, quello che in napoletano viene comunemente definito col termine "ciofeca".

L'influenza delle dominazioni straniere

Ma da dove deriva esattamente questa parola? Le sue origini vanno ricercate in una delle tante dominazioni straniere che la città di Napoli ebbe nel corso dei secoli.

La bella Partenope fu infatti ripetutamente assoggettata dal "colonizzatore di turno", che ne influenzò fortemente sia il folklore che la lingua: è inoltre cosa nota che gran parte dei lemmi della lingua napoletana derivino essenzialmente dalle lingue romanze, ed in particolar modo dal francese e dallo spagnolo, come testimoniato dalle miriadi di similitudini linguistico-sintattiche che accomunano il napoletano ai sopracitati ceppi linguistici.

Possiamo dunque dedurre che anche il termine "ciofeca" sia da ricollegare a una di queste influenze? Risposta negativa. Il lemma che andremo ad analizzare nell'immediato costituisce infatti una curiosa eccezione, che ci invita a rinfrescare la memoria e ci ricorda della presenza di un altro grande popolo che ebbe frequenti contatti col popolo partenopeo: gli arabi.

Forse non tutti sanno che negli anni del boom economico del Regno di Napoli, erano attivissimi gli scambi commerciali con l'Oriente ed in particolar modo con i Paesi Nordafricani; è da questo incontro di carattere esclusivamente economico, che nacquero i presupposti per attingere e rivisitare ulteriori lemmi appartenenti ad una lingua straniera.

La derivazione araba del termine

Il lemma ciofeca, vi anticipavamo qualche riga più su, deriva dall'arabo –šafèq – termine utilizzato nella lingua madre per indicare un liquido imbevibile, un qualcosa o una persona ritenuta di scarso valore. Da qui si ebbe poi una ulteriore estensione del termine -anche nella lingua napoletana – a un contesto più generico: chillo è proprio ‘na ciofeca (quello è proprio una ciofeca, vale a dire una persona non particolarmente apprezzata dal soggetto che la identifica come tale).

La parola ebbe poi una massiccia diffusione nel mondo della cinematografia grazie alle intramontabili pellicole del principe Antonio De Curtis (in arte Totò), che la utilizzava esclusivamente per identificare il cosiddetto "caffè brodaglia".