Lampadari che oscillano, armadi che ballano, letti che tremano. Il Terremoto.

La notizia della scossa sismica di magnitudo Mw 3.7 con epicentro al largo di Ostuni, avvenuta il 24 marzo alle ore 00:31:56 (dati evento dell’INGV che ha poi rivisto l’intensità inizialmente di 3.9), ha fatto in breve tempo il giro di web e social network. Una scossa sismica, verificatasi a 28 km di profondità, che ha sorpreso la Puglia – Brindisi, Salento e Sud Barese, ma anche Taranto – fino a toccare alcune zone della vicina Basilicata come Matera e altre città ioniche lucane vincine al Tarantino.

Non si sono verificati danni a persone o cose, ma molti sono stati i cittadini allarmati per questo sisma che, in quella particolare zona della Puglia, è considerato evento assai raro e sempre legato a terremoti di grande intensità con epicentri nella zona pugliese del Gargano, in Grecia o nelle regioni limitrofe a forte rischio sismico. Del resto, basta dare un’occhiata alle mappe dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sulla pericolosità sismica di riferimento per il territorio nazionale per comprendere che l’area interessata la notte scorsa dall’evento è a basso rischio sismico, almeno in senso probabilistico. Per tale ragione, pur non essendo di magnitudo elevata, il terremoto della notte scorsa ha causato apprensione tra i cittadini.

Ma il Salento e la zona a Sud di Bari sono davvero a bassa pericolosità sismica?

La definizione dell’INGV

Secondo la definizione dell’INGV, la pericolosità sismica è “la stima probabilistica di scuotimento del terreno, considerando diversi intervalli di scala temporale”. Si tratta quindi di stime, di probabilità che si verifichi un sisma in un determinato momento e in una certa area.

Questa probabilità, tuttavia, non è costante nel tempo e può variare. Il Salento, insomma, è considerato a basso rischio sismico anche perché qui non si verificano terremoti distruttivi da secoli.

In passato si sono verificati in questa zona della Puglia eventi sismici di potente intensità?

Nei secoli scorsi il Salento non è stato esente da forti terremoti, anche se raramente si sono verificate scosse distruttive che hanno oltrepassato una magnitudo 5.

A Bari, ad esempio, se ne verificò uno il 10 settembre 1087, con Intensità massima pari a VI-VII (Catalogo Parametrico Terremoti Italiani del 2011). A Manduria, il 26 ottobre 1826, ci fu un sisma di intensità massima VI-VII (CPTI11, 2011). Quello che però molte cronache storiche, ma anche folkloristiche e religiose, ricordano è il cosiddetto “Terremoto di Nardò”, avvenuto il 20 febbraio 1743. Questo sisma prende il nome dalla città che subì danni maggiori: il terremoto causò in Puglia quasi 200 morti, di cui 150 a Nardò. Altre 100 vittime si contarono poi in Grecia, soprattutto sull’isola greca di Levkas e furono 86 le località colpite. La scossa fu avvertita anche a molti chilometri di distanza, come sull’isola di Malta e, in Italia, anche a Trento, Venezia e Milano.

Pare che il sisma fosse del IX grado Mercalli (stime parlano di 6-7 gradi sulla scala Richter) e due sono le ipotesi di localizzazione dell’epicentro: in mare, a est di Santa Maria di Leuca, e a Terra, tra Nardò e Galatina. Alcuni documenti storici parlano anche di uno tsunami, probabilmente di una decina di metri, che si sarebbe abbattuto poi sulle coste leccesi e brindisine. Negli archivi ci sono testimonianze di un brusco abbassamento del livello del mare nel porto di Brindisi, e a sud di Otranto (in corrispondenza di Torre Sant’Emiliano) è stato scoperto il distacco dalla riva di grossi blocchi rocciosi poi trasportati all’interno per diversi metri. Analisi sui gusci di organismi nei blocchi confermano che siano stati spostati dal maremoto scatenatosi subito dopo il terremoto del 1743.

All’epoca, tuttavia, le coste non erano abitate per via delle paludi e della malaria che vi erano presenti.

E a nord di Bari?

L’11 maggio del 1560 si verificò un terremoto pari a 6.4 sulla scala Richter, VIII grado della scala Mercalli, il cui epicentro è stato localizzato tra Bari e Barletta. Ci furono crolli e numerose vittime a Barletta. Altro terremoto che scosse tutta la regione fu quello del 20 marzo 1731. Questo provocò numerose vittime e danni nel Foggiano e nella parte nord della provincia di Bari. Da non dimenticare, poi, sono i terremoti del Gargano, come quello del 30 luglio 1627 che colpì la costa settentrionale pugliese e che provocò migliaia di morti. Il sisma fu anche preceduto, tre giorni prima, da una eclissi di luna giudicata dalla popolazione “presagio di sventura”.

Subito dopo il sisma, poi, si scatenò un violento e distruttivo maremoto che si abbatté sulle coste del Gargano. Il 31 maggio 1646 si verificò un altro sisma, provocando decine di morti e l’inondazione delle campagne da parte delle acque del lago di Varano. Il 20 marzo 1631 ci fu un terremoto con epicentro a Foggia, che provocò molti danni e circa 2.000 vittime.

Questi sono solo alcuni dei terremoti documentati del passato che si sono verificati in Puglia nei secoli scorsi. Il fatto che la Puglia (soprattutto la zona del Salento) non sia annoverata tra le regioni ad alto rischio sismico non dovrebbe far abbassare la guardia per quanto riguarda la mitigazione dei rischi legati agli eventi sismici.

Al momento non è possibile prevedere i terremoti, e le statistiche sulla bassa pericolosità sismica di una zona non sono un’assoluta garanzia che non si verifichino eventi importanti. L’ideale, al momento, sarebbe seguire criteri antisismici per la costruzione o l’adeguamento di edifici che potrebbero salvare numerose vite e sperare che i violenti terremoti del passato restino negli archivi, come anche il sisma del 24 marzo 2018 resti solo un caso isolato.