Risalgono a circa 100.000 anni fa le misteriose incisioni ritrovate sulle rocce rosse di una grotta nel sito preistorico di Blombos, in Sudafrica, a 300 km ad est di Città del Capo. Al loro rinvenimento furono interpretati da alcuni come la prima testimonianza di un sistema simbolico, per altri si trattava delle prime doti creative dell’Homo sapiens.
Un nuovo studio, risalente allo scorso marzo, avrebbe affermato che quei segni composti da linee rette che si intersecano come a ricordare la classica forma del cancelletto, dal 2007 “Hashtag”, non sono altro che segni casuali.
È questa la conclusione alla quale è giunta la squadra di archeologi ed esperti di scienze cognitive coordinata da Kristian Tylén, scienziato cognitivo dell’Università danese di Aarhus.
Esaminando questi graffiti risalenti al Paleolitico Medio, i ricercatori ritengono si possa trattare di segni casuali in quanto, se dovessero avere valenza simbolica, dovrebbero essere facilmente ricordabili e rappresentati in altri siti e situazioni. Dovrebbero, inoltre, possedere elementi comuni caratterizzanti perché non vi è simbolo che non abbia una base comune ad un altro.
La seconda considerazione proviene da un esperimento condotto su 65 studenti universitari danesi. È stato chiesto loro di esaminare 24 immagini e di isolare caratteristiche comuni e differenti, ma caratterizzanti.
Nessuno è riuscito a distinguere i segni ritrovati in una zona o in un’altra, convincendo ancor più l’equipe della propria idea: nessun collegamento tra lo “scarabocchio” e un eventuale messaggio simbolico.
La grotta di Blombos è già nota da tempo per reperimenti creativi ed affascinanti, tanto da essere stata battezzata “la bottega d’arte” più antica della storia.
Anni fa furono rinvenuti strumenti utili per approntare pigmenti, grosse conchiglie per contenere e miscelare ocra, carbone, quarzite, ossa animali e acqua. Questo sembrò provare che gli Homo sapiens che frequentavano la caverna di Blombos, oltre a possedere (o forse stavano proprio sperimentando) l’uso e la conoscenza della chimica, furono anche terreno fertile per l’evoluzione del pensiero, vista la capacità di preparare e conservare, ossia la capacità di pianificazione a lungo termine.
Secondo Christopher Henshilwood, primo autore dello studio e archeologo alla Università di Bergen (Norvegia) e alla University of the Witwatrstrand (Sudafrica), questi nostri antenati erano a conoscenza delle caratteristiche delle ossa di foca, ricche di olio e grasso, fondamentali per ottenere una sostanza molto simile al colore da pittura. Sapevano anche che era necessario aggiungere carbone e un po' di liquido, probabilmente semplicemente acqua, per legare e stabilizzare la miscela.
Ogni ingrediente necessitava di una particolare lavorazione, le ossa animali dovevano prima essere scaldate per far sì che rilasciassero l’olio, la legna doveva essere bruciata per ottenere il carbone, l’ocra doveva essere pestata per ottenerne la polvere.
Henshilwood raccontò che in una delle conchiglie vi era un piccolo frammento di goethite, un minerale giallastro che poteva esser stato aggiunto per modificare leggermente il colore.
Viste le conoscenze e la creatività di questi primi uomini, potrebbero i segni che ci ricordano tanto l’ormai noto hashtag essere dimostrazione dei primi casi di progettazione al fine di realizzare un utensile, un’abitazione o un’opera artistica? Saremmo davanti al primo esemplare di designer della storia!