Sono all'esame della commissione Affari sociali della Camera 8 proposte di legge che puntano tutte alla tutela dei diritti della partoriente e del nascituro. Il sospetto è che i medici spingano le donne al parto cesareo per ragioni economiche, oltre che organizzative. Questo, infatti, è programmabile, consentendo ai medici di organizzare le proprie attività e alle strutture di risparmiare sui costi, ottenendo maggiori introiti.
L’Italia, purtroppo, ha il triste primato europeo di essere il paese con il maggior numero di parti cesarei, con cifre che, soprattutto al Sud, superano di gran lunga il limite massimo del 20% fissato dall'Oms.
Nel nostro Paese, infatti, la percentuale si attesta intorno al 36,3%. In particolare, si registra il 56,6% in Campania, seguita dal 42,5% della Sicilia, dal 41,7% della Puglia e dal 39% del Lazio.
Le proposte di legge
Le proposte di legge mirano a disincentivare il ricorso al parto cesareo attraverso sanzioni, e fornendo una maggiore informazione alle partorienti. In particolare, la violenza ostetrica è uno dei punti di forza della proposta di legge avanzata da Adriano Zaccagnini, ex-M5S ora nel Misto, che prevede l'introduzione di un reato "ad hoc" con reclusione da due a quattro anni. Nel documento si definiscono "atti di violenza ostetrica" tutte quelle azioni o omissioni realizzate dal medico, dall’ostetrica o dal personale paramedico, volte a espropriare la donna della sua autonomia e della sua dignità durante il parto.
Si ipotizza anche il reato di truffa nei confronti dello Stato per quelle strutture che praticano un parto cesareo non necessario, guadagnando circa 2.457 euro, invece dei 1.139 euro previsti per un parto naturale.
Alternative al parto cesareo
Per chi non vuole partorire in ospedale e andare incontro ad eccesso di medicalizzazione, ma allo stesso tempo preferisce evitare di portare avanti fra le mura di casa propria quest'esperienza naturale ma complessa, ci sono luoghi dove le donne diventano madri con l’assistenza delle ostetriche, e le strutture per le emergenze a portata di mano.
Si chiamano "case del parto" e sono strutture costruite in prossimità degli ospedali che permettono, per qualsiasi evenienza, di spostare la partoriente nel blocco parto del pronto soccorso ostetrico. Quella dell’ospedale Grassi di Ostia, chiusa da oltre due anni, si chiama Acqualuce, ma questa è un'altra storia.