Fare la mamma è un lavoro. Lo dice la proposta di legge di iniziativa popolare suggerita dal Popolo della Famiglia pochi giorni fa, in Sardegna, per combattere la crisi demografica. Questa prevede la consegna di un assegno mensile a tutte le neo mamme. Per le femministe non ci sono dubbi: la misura sarebbe un passo indietro nel percorso di emancipazione femminile.
La proposta nel concreto: mamme full time
"Ormai le donne possono solo lavorare senza scegliere di restare a casa e fare le mamme a tempo pieno. Stiamo vivendo un inverno demografico".
Sono le parole del coordinatore nazionale del Popolo della Famiglia, Mirko De Carli, che sembra avere le idee molto chiare: il reddito permetterebbe alle donne di raggiungere la propria autodeterminazione, decostruendo gli stereotipi che legano la figura della madre ad una mantenuta o ad una persona che non apporta nulla al proprio nucleo famigliare.
La misura di iniziativa popolare consegnerebbe un assegno mensile di 1000 euro ad ogni madre "a tempo pieno", per ogni figlio fino all'ottavo anno di età, che potrebbe essere trasformato in un vitalizio. Per sostenere l'iniziativa, lo Stato avrebbe bisogno di circa 3 miliardi di euro, che dovrebbe ricavare dal fondo della Presidenza del Consiglio per le politiche famigliari e le pari opportunità, nel triennio 2020-22.
Dubbi e perplessità: il no delle femministe
"Quel 'a patto che stiamo a casa' mi fa venire i brividi": questo è il commento, sulla pagina Facebook "Abbatto i muri". Ciò che il movimento femminista reclama è che la lotta per l'emancipazione femminile sia nata proprio per permettere alla donna di scegliere: professione, stato civile e potenziale maternità.
Al contrario, l'approvazione di questa misura non lascia scelta: la condizione necessaria per ottenere il reddito è non lavorare e non poter accettare proposte di lavoro fino a che l'ultimo figlio non compia 8 anni. Ad esempio, se una donna di 25 anni dovesse decidere di avere due gravidanze, dovrà aspettare sedici anni prima di cercare un'occupazione.
A quel punto, avrà 41 anni, un'età in cui entrare nel mondo del lavoro può essere molto complesso.
A questo proposito, il Popolo della Famiglia suggerisce un vitalizio che permetterebbe alla donna di percepire uno stipendio a vita dello stesso importo sopra elencato. Al contrario, le femministe considerano questa soluzione una condanna: se tutta la componente femminile italiana dovesse accettare questa condizione, le donne non avrebbero più alcun ruolo in quelli che sono i pilastri del paese: economia, Politica e giustizia.
Su esempio dei modelli presenti in Danimarca, Spagna e Francia, la componente femminile richiede attenzione su quelle che considerano "Le vere esigenze delle madri", ovvero il mancato aiuto da parte dello Stato nei confronti delle donne che lavorano e che vorrebbero degli asili sicuri e convenienti per i propri figli, tutele sul lavoro che non permettano contratti con clausole legate alla maternità e paghe uguali agli uomini.
Riconoscere il lavoro domestico delle madri, è molto lontano dal considerare lo stesso l'unico lavoro possibile per una donna.