Buone notizie per chi è già in pensione, ma pessime per chi ci andrà. Da gennaio 2013 chi percepisce una pensione che non superi i 1.443 euro mensili avrà un aumento del 3%, mentre chi da tale data andrà in pensione riceverà circa il 3% in meno dell'importo pensionistico. La riforma delle Pensioni di Elsa Fornero stabilisce che dall'1 gennaio 2013 si potrà andare in pensione in funzione dell'aspettativa di vita, stesso dicasi per il calcolo dell'importo della pensione.

I requisiti per andare in pensione

I nuovi pensionati dovranno lavorare 3 mesi in più e percepiranno in media il 3%  in meno rispetto ai precedenti coefficienti di calcolo.

Per ottenere la pensione di vecchiaia occorrerà avere un'età di 62 anni e tre mesi per le donne dipendenti, 63 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome, 66 anni e tre mesi per le donne dipendenti del settore pubblico e gli uomini dipendenti o autonomi. Per ottenere la pensione di anzianità occorrerà aver versato contributi per 41 anni e 5 mesi per le donne, 42 anni e 5 mesi per gli uomini. Chi vorrà andare in pensione prima dei 62 anni, nel rispetto dei limiti contributivi, avrà una riduzione dell'1% per i primi due anni, e del 2% per gli anni successivi, relativamente ai 62 anni.

Il calcolo dell'importo della pensione

Per il calcolo dell'importo pensionistico vi è una riduzione media dei coefficienti di circa il 3% rispetto al periodo 2010-2012, a seconda dell'età di pensione va dal 2,71% in meno a 57 anni, al 4,41% in meno a 70 anni.

Ad esempio, un lavoratore che va in pensione a 65 anni, con un montante accumulato di 250 mila euro, dal 2013 in poi riceverà 450 euro annuali in meno rispetto ad un lavoratore andato in pensione a 65 anni, con medesimo montante, prima del 2013. (nota: più tardi si va in pensione è più alto è l'importo pensionistico, ma entro massimo 70 anni).

Dal 2013 i fattori di calcolo delle pensioni verranno agganciati costantemente alle aspettative di vita, analizzate dall'Istat, ed entro il 2018 questo meccanismo determinerà un pareggiamento dei requisiti anagrafici tra donne e uomini.

Le pensioni dei lavoratori precari

Secondo la Corte dei Conti l'attuale crisi economica e le riforme pensionistiche Fornero e Dini (introduzione del sistema contributivo 1995), determineranno delle conseguenze negative sulle pensioni dei lavoratori precari.

I precari non potranno versare adeguati contributi a causa di lunghi periodi di disoccupazione e il sistema contributivo li penalizzerà enormemente, in quanto basato sul calcolo dei contributi versati nel corso del periodo lavorativo.

La Corte dei Conti fa notare che sono proprio i giovani che tengono in piedi il sistema previdenziale, ma a loro toccherà una pensione da fame pari al 50% in meno rispetto alla loro retribuzione. Il bilancio dell'Inps è tenuto in piedi dal “Fondo Gestione Separata” in cui versano i soldi i lavoratori parasubordinati, ossia i precari e alcune categorie di autonomi con partita iva.