Il blocco dei contratti dei dipendenti statali che dura ormai da 5 anni si avvia alla fine e la possibilità di anticipare la pensione è un'ipotesi su cui vale la pena lavorare. Hanno il tono delle promesse le parole del commissario alla spending review, Yoram Gutgeld, che in una intervista concessa al quotidiano Il Messaggero ha dichiarato apertamente che si sta lavorando per reperire le risorse necessarie al superamento del blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici e per introdurre un meccanismo di flessibilità per le Pensioni.

Sblocco dei contratti statali: le risorse necessarie.

I contratti dei 3 milioni di dipendenti statali sono scaduti da 5 anni, durante i quali il blocco degli stipendi ha comportato una consistente perdita di potere d'acquisto. I dati contenuti nell'ultimo Def, il documento di economia e finanza, indicavano con precisone le cifre necessarie al rinnovo dei contratti, 1,7 miliardi per il 2016 e 8,8 per il 2017, ma tutto faceva pensare ad un semplice esercizio contabile, dal momento che nel documento non c'era traccia delle corrispondenti voci di accantonamento. Un particolare che portava ad ipotizzare un periodo ancora lungo di vacanza contrattuale e che Gutgeld ha voluto smentire annunciando l'intenzione di procedere ai rinnovi contrattuali entro il prossimo 2016.

Rimane il particolare delle risorse da reperire, ma è proprio questo il compito della spending review cui sta lavorando Gutgeld.

Pensioni: serve più flessibilità.

Non è solo lo sblocco dei contratti degli statali l'obiettivo su cui lavora Gutgeld, che nella sua intervista ha toccato anche lo spinoso tema delle pensioni, condividendo l'idea di flessibilità portata avanti dal ministro del Lavoro Poletti e dal presidente dell'Inps, Tito Boeri: possibilità per i lavoratori di andare in pensione anticipatamente in cambio di una riduzione dell'assegno.

Un'ipotesi che, per essere realizzata, ha bisogno dell'approvazione da parte della Commissione Europea, possibile solo dopo una modifica delle attuali regole. Il tipo di flessibilità ipotizzata, infatti, andrebbe a generare un deficit nel breve periodo, ampiamente compensato dai risparmi che ne deriverebbero nel medio e lungo periodo, ma non considerati dalle attuali regole comunitarie, che danno una valutazione dei deficit degli Stati membri su base annuale.