Le Pensioni delle donne in Italia sono mediamente inferiori rispetto a quelle degli uomini del 30%. Con una differenza sostanziale di 1000 euro al mese per le ex lavoratrici, contro i 1500 euro degli ex lavoratori. Questo è quanto sottolineato da Antonio Marzano presidente del Cnel nel corso di un'assemblea in Commissione del Lavoro della Camera. Proprio ieri il premier aveva parlato di maggiore flessibilità sul tema pensione anticipata, con una particolare attenzione verso l'universo femminile, che secondo Renzi in un'età compresa tra i 60 - 62 anni è più propensa a fare la nonna che continuare a lavorare, rinunciando di fatto a una riduzione del proprio assegno.

Pensioni donne assegni del 30% inferiori rispetto agli uomini

I dati ci mostrano una netta disparità tra gli uomini e le donne, non solo nel mondo del lavoro, ma anche per quanto concerne il trattamento pensionistico. Nella gestione privata: un pensione con un importo di 499 euro è destinato al 57% alle donne e solamente il 34% ai colleghi maschi. Mentre per una classe con un ammontare pari o superiore alle 3000 euro: il 3,4% viene percepito da ex lavoratori uomini, e solo lo 0,2% da parte di ex lavoratrici donne. In ottica professionale, è chiara la discriminazione nel nostro Paese, riguardo l'ineguale distribuzione dei ruoli dirigenziali ancora favore della figura maschile. Solo nella gestione pubblica, il dislivello di genere è quasi comparato, ma torna a crescere per la classe con un assegno massimo: 2,3% donne, 14% uomini.

Nel 2013, la previdenza obbligatoria ha rivelato che il 54% avente diritto ad almeno una pensione Inps sono donne, mentre il 46% uomini. Eppure, il totale degli assegni riconosciuti, (benché erogati da enti differenti), com'era prevedibile è andato per il 55% a favore degli uomini, il restante 45% a donne.

Matteo Renzi: news riforma legge Fornero

Il Governo è deciso a riformare la legge Fornero, le modifiche verranno inserite nella prossima legge di stabilità 2016, con il fine di garantire una migliore flessibilità in uscita. Tra le ipotesi più probabili:

  • Pensione anticipata con riduzione dell'assegno
  • Prestito temporaneo per i lavoratori che hanno perso il lavoro
Nella prima ipotesi, uscita dal lavoro all'età anagrafica di 62 anni e 3 mesi avendo raggiunto i 35 anni di contributi necessari. In questo caso, l'ex lavoratore andrebbe in pensione con una riduzione dell'8% sull'importo dell'assegno previdenziale. Oppure vedrebbe decurtare del 2% il proprio assegno per ogni anno mancante, fino al conseguimento previsto al diritto della pensione di vecchiaia (66 anni e 3 mesi). La seconda ipotesi, caldeggiata dal ministro Giuliano Poletti, è quella di considerare un prestito pensionistico per quei cittadini che hanno perso il lavoro, ma non hanno ancora raggiunto i contributi indispensabili per beneficiare della pensione. Per loro è stata varata la possibilità di un assegno mensile di 700 euro, da rimborsare allo Stato in piccole rate al raggiungimento dell'età pensionabile. Cosa ne pensate al riguardo?