Anche in questo l’Italia deve distinguersi. Indipendentemente dalla posizione che ognuno può avere sulle norme che regolamentano la distribuzione del farmaco nel nostro Paese, quella dell’istituzione di nuove farmacie, previste dal decreto Cresci-Italia del Presidente del Consiglio Mario Monti, sulle liberalizzazioni, convertito in legge nel marzo 2012, è qualcosa di singolare e che pone degli interrogativi. Come mai un decreto finalizzato ad allargare il mercato del lavoro, in un momento dove c’è una grave disoccupazione giovanile edun conflitto tra i sostenitori del doppio canale (farmacia e parafarmacia) e coloro chevogliono solo le farmacie tradizionali, delle previste 3 mila sedi messe a concorso nel 2012, dopo 4 anni, se ne sono assegnate solo 300?

Tra il dire e il fare

Eravamo in piena crisi, le finanze pubbliche erano in grosse difficoltà, il Paese faceva fatica ad andare avanti. La situazione politica era sotto il “controllo di oligarchie” non ben identificate. Tutto questo succedeva nel 2012. Il 16 novembre 2011 era diventato Presidente del Consiglio il Sen. Mario Monti. Il suo governo resterà in carica fino a fine aprile 2013. In soli 18 mesi furono varatiprovvedimenti draconiani in molti campi, basti pensare alla riforma delle pensioni (Legge Fornero).

Un altro settore dove Monti voleva intervenire era quello delle farmacie. L’idea era di “allargare” ma non “liberalizzare” il mercato della distribuzione del farmaco. Una specie di mediazione tra i sostenitori della liberalizzazione tout court, quindi ben oltre le “parafarmacie” di Bersani memoria, e i difensori delle posizioni dominante e oligarchiche, che non volevano alterare lo status quo del settore.

Un decreto, quello di Monti, dai prevedibili vantaggi anche per i cittadini consumatori.

Monti aveva previsto l’apertura di circa 3 mila nuove farmacie. Certo, non tutte erano particolarmente appetibili, per le posizioni decentrate assegnate, ma rimaneva sempre un’opportunità per tanti giovani senza alternativa. Il provvedimento abbassava il quorum dai precedenti 4-5 mila ai 3.300 abitanti/farmacia.

Inoltre diventava possibile aprire nuove farmacie negli aeroporti, stazioni ferroviarie e centri commerciali.

Per rendere stringente l’operatività del provvedimento, erano stati previsti tempi ristretti, sia per quanto di competenza delle istituzioni (Ordini, Commissioni, Concorsi, Comuni per l’individuazione delle sedi), che per gli stessi vincitori, ad accettare in tempi brevissimi la sede assegnata.

Il tutto si doveva completare entro aprile 2013. Dopo quattro anni, il numero delle farmacie in Italia è di circa 18 mila, circa quante erano che nel 2012.

Alle soglie di una nuova rivoluzione copernicana

All’apertura delle nuove farmacie, si sono contrapposti tutti. Ci sono stati ricorsi per l’individuazione delle sedi, per i titoli, per i punteggi, per le graduatorie, per le società costituite ad hoc, ecc. Risultato: un blocco quasi totale all’istituzione delle nuove sedi. Intanto i titolari delle parafarmacie continuano a lanciare appelli ad una maggiore liberalizzazione del settore e al rispetto della loro dignità, come professionisti prima ogni altra cosa.

Intanto arriva il governo presieduto da Matteo Renzi.

Con il DDL concorrenza, già approvato alla Camera ed ora all’esame delle Commissioni Industria,Commercio e Turismo del Senato, il settore sta per assistere ad una nuova rivoluzione copernicana: l’avvento del “capitale”, e quindi delle “multinazionali”, sul controllo della filiera delle farmacie.

Ricordiamo che finora poteva essere titolare di una farmacia solo un farmacista. Poi c’era un tetto alla titolarità, con un massimo di 4 licenze per titolare. Con il DDL in approvazione al Senato, tutto questo viene cancellato. Numerosi emendamenti sono stati opposti al fine di arginare questo progetto governativo ma l’impressione è che quello che i titolari hanno impedito uscisse dalla porta (DDL Monti) se lo vedranno uscire dalla finestra (DDL Renzi).