In Italia ogni cittadino possiede 3.200 euro in meno rispetto al 2007. Questo l'effetto della riduzione della produzione e della competitività del nostro paese che ha portato a una riduzione della ricchezza per residente e ha rallentato la ripresa economica. Secondo i dati pubblicati dal Centro studi impresa lavoro realizzato per la Confimprenditori per il 2015 in Italia il Pil pro capiteè salito dello 0,79%, ma rimane sotto la media degli Stati europei più ricchi – tra cui compaiono Lussemburgo (80.500 euro), Norvegia (67.800) e Danimarca (43.900), seguiti a distanza da Germania (34.100), Francia (31.500) e Regno Unito (30.900) – con un prodotto interno lordo per cittadino pari a 25.500 euro: nove anni fa il Pil per cittadino era di poco più basso rispetto a quello della media dell’area Euro e dell'Unione europea, che ora si attestano rispettivamente a 29mila e 26.300 euro.
La crisi eil periodo di congiuntura economica sfavorevole hanno avuto un effetto negativo sulla ricchezza italiana che dal 2007 al 2015 ha perso l’11,1% del suo Pil pro-capite che in precedenza era di 28.700 euro: a registrare performance peggiori soltanto Cipro, dove nello stesso lasso di tempo il valore è sceso del 14,9%, e Grecia (25,1%).
Dati che fanno rilevare lo scarto che separa il paese tutte le grandi economie continentali come Germania, Spagna, Francia e Regno Unito, che fanno segnare tassi di crescita del Pil pro capite sensibilmente superiori ai nostri.
In Campania Pil a -17,63%, seguono nella classifica negativa Lazio, Piemonte e Marche
Anche a livello regionale, la ricchezza prodotta e distribuita tra la popolazione ha registrato dati negativi nel periodo compreso tra il 2007 e il 2014: si va dal -4,89% della Valle d'Aosta al -17,63% della Campania.
Se il segno meno è presente in tutte le economie regionali, ci sono comunque aree in cui la diminuzione del Pil è più limitata, come il Trentino Alto Adige con una diminuzione del 5,09%; Lombardia, Sardegna, Toscana e Abruzzo fanno registrare un calo che si aggira attorno ai 9 punti percentuali, mentre i dati peggiori dopo la Campania, sono stati rilevati sorprendentemente in tre regioni del Nord, Liguria (-14,58%), Friuli Venezia Giulia (-14,98%) e Piemonte (-15,02%) e in Lazio (-15,75%) e nelle Marche (-15,02%).