Dopo le polemiche degli ultimi anni sull'apertura da parte dell'Unione Europea ai prodotti agricoli importati dal Nord Africa, con particolare riferimento all'olio extravergine di oliva tunisino, che ha invaso il mercato del nostro paese e dell'intera Europa a scapito di quello italiano e di quello spagnolo, da Bruxelles arriva un altro boccone amaro per gli agricoltori italiani. L'Unione Europea ha infatti stabilito una partnership economica e commerciale con il Sudafrica, che prevede l'apertura alle importazioni di arance verso l'UE. Un accordo che potrebbe far perdere quote di mercato agli agricoltori italiani, in particolare calabresi e siciliani, dove il settore degli agrumi rappresenta un pilastro dell'economia regionale, ed il compartimento è già gravemente colpito dalla crisi.
Agrumi italiani invenduti lasciati a marcire negli alberi
L'apertura alle arance sudafricane, commercializzate a prezzi più bassi rispetto a quelle italiane ed europee, espone i nostri agricoltori al rischio di non riuscire a vedere i propri prodotti, lasciandoli marcire sugli alberi come è già accaduto in passato. Se gli agricoltori non riescono a vendere i loro prodotti sono costretti ad evitare la raccolta, che rappresenterebbe un inutile costo aggiuntivo, inoltre la corsa al ribasso dei prezzi incentiva il ricorso alla manodopera sottopagata e senza regolare contratto di lavoro, in modo da minimizzare il costo del lavoro, un problema che riguarda l'intero compartimento agricolo, e che talvolta può sfociare in problemi come quelli registrati alcuni anni fa a Rosarno, dove i braccianti sfruttati si ribellarono alle condizioni di sfruttamento e di degrado con le quali erano costretti a convivere.Oltretutto le aziende che fanno ricorso alla manodopera di lavoratori sfruttati a nero mettono fuori mercato le aziende che rispettano le regole, e che sono costrette a fare i conti con costi ovviamente più alti.
Rosarno, dopo la rivolta del 2010 nulla è cambiato
Dopo la rivolta di Rosarno nel 2010, quando centinaia di lavoratori per lo più di origine africana sfruttati nei campi misero a ferro e fuoco la città, danneggiando centinaia di automobili, cassonetti dell'immondizia e altri arredi urbani, l'allora ministro degli interni in carica Roberto Maroni aveva promesso che la situazione sarebbe cambiata, ma in realtà a distanza di sei anni tutto è rimasto come prima, come ha evidenziato alcuni mesi fa una relazione di Medici per i diritti umani (Medu) e secondo le statistiche la lotta al caporalato e al lavoro nero riguarderebbe addirittura l'86% delle persone.