L'istituto di credito ligure Carige ha fatto sapere che non si riusciti a formare il consorzio che avrebbe dovuto garantire l'aumento di capitale da 560 milioni. A piazza a fari il titolo è stato sospeso, perché allo stato attuale il set informativo a disposizione degli investitori non è sufficiente a consentire lo svolgimento ordinato delle negoziazioni.
Nelle prossime ore il consiglio di amministrazione verificherà se sussistono i presupposti per una proroga temporale dei tempi previsti per l'aumento di capitale e per proseguire il piano di risanamento previsto, che prevede come passaggio fondamentale la dismissione di una quota consistente dello stock NPL e della piattaforma di gestione crediti dell'istituto (Gerica).
Alcuni analisti cominciano a ventilare la possibilità di un intervento dello stato a sostegno dell'istituto.
La conta degli azionisti
Quello in discussione è il terzo aumento di capitale in 4 anni e mentre i precedenti, pur con qualche mal di pancia da parte dei piccoli azionisti, sono sempre stati sottoscritti, in questo caso la situazione risulta differente e da ciò ne deriva il ruolo fondamentale giocato dal consorzio di garanzia.
Quest'ultimo, si impegna a sottoscrivere i titoli inoptati e, di fatto, a garantire l'esito dell'operazione anche se non tutti gli attuali azionisti aderiscono all'aumento. Allo stato, i due soci di maggioranza, che complessivamente detengono circa il 24% del capitale, hanno dichiarato di voler aderire all'aumento.
In particolare, il primo azionista, Malacalza Investimenti, finanziaria della famiglia omonima, ha dichiarato di poter sottoscrivere quasi un terzo dell'aumento. In questo modo il contributo del primo azionista potrebbe arrivare a circa 180 milioni che si aggiungerebbero ai 250 investiti due anni fa. Fondamentale potrebbe essere, secondo alcuni commentatori il ruolo di Unipol, che potrebbe decidere di partecipare all'aumento portando avanti la strategia avviata con la conversione dei bond subordinati.
Il nodo degli NPL
Come apertamente sottolineato dal presidente della BCE Mario Draghi e dalla responsabile per la vigilanza Nouy, il nodo dei crediti problematici (Non Performing Loans secondo la definizione tecnica) rimangono la principale criticità da risolvere per completare il processo di risanamento degli istituti di credito italiani.
Le difficoltà incontrate da Carige e in parallelo dal Credito Valtellinese, in merito alla necessità di realizzare aumenti di capitale, derivano fondamentalmente dall'incertezza nella valorizzazione di questi attivi e dal potenziale fabbisogno di accantonamenti aggiuntivi, che potrebbe insorgere su queste poste. In tal senso, si può leggere l'attenzione posta dalla banca Centrale Europea sull'indicazione di linee guida dettagliate per la gestione e la corretta contabilizzazione di queste attività finanziarie.