Il caso dei sacchetti biodegradabili sta assumendo sempre più i contorni di una vera e propria storia infinita. Non solo, come abbiamo messo in evidenza in un precedente articolo, la direttiva europea, appena recepita e sulla base della quale è stato introdotto ad agosto nel decreto Mezzogiorno l'obbligo di pagamento, consentiva di esonerare le bustine ultraleggere dall'obbligo. E non solo il Ministero della Salute ha corretto il tiro, affermando che è possibile utilizzare quelli di casa, purché nuovi e non usati. Ora, viene anche fuori che, molto probabilmente, a causa della loro particolare composizione e struttura chimica, incideranno sulle nostre tasche non solo nel momento in cui ci rechiamo al centro commerciale ma anche dopo.

La denuncia della Seab di Bolzano

A scoperchiare il vaso di Pandora di questa nuova polemica è stata la municipalizzata che si occupa della raccolta e smaltimento dei rifiuti della città di Bolzano, la Saab. Quest'ultima ha invitato a non utilizzare per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti umidi i sacchetti biodegradabili usati . Ha invece consigliato di usare i sacchetti di carta.

Il motivo principale di questo divieto risiederebbe nel fatto che, anche se correttamente smaltiti, questi sacchetti avrebbero un tempo di degradazione molto più lungo rispetto agli altri tipi di materiale compostabile. Inoltre, sempre secondo il comunicato della Saab, i sacchetti creerebbero problemi agli impianti andandosi ad incastrare fra le lame del frantumatore.

Questo problema nasce dal fatto che in Italia per smaltire i rifiuti vengono utilizzati due tipi differenti di impianto detti, rispettivamente, a digestione aerobica e a digestione anaerobica. I primi sono gli impianti classici, che conosciamo tutti. In questi impianti un sacchetto biodegradabile ultraleggero impiega 90 giorni a degradati completamente.

I secondi hanno il vantaggio di rilasciare come prodotto del compostaggio anaerobico energia sotto forma di gas. Ma per contro, non è certo che in questo tipo di impianti i sacchetti si degradino completamente in 90 giorni. E questo è il tipo di impianto utilizzato dalla Saab di Bolzano. Per questi motivi i sacchetti vengono deviati, quasi immediatamente, in discarica.

Il risultato sulle nostre tasche

Questo fatto, purtroppo, e' risaputo. E, come ha messo in evidenza un tecnico di impianti di compostaggio, intervistato dal Il Fatto Quotidiano e chiedendo di rimanere anonimo, dato che i sacchetti biodegradabili rimangono la modalità di smaltimento più diffusa, il cittadino italiano paga due volte. Quando va a fare la spesa e quando paga la Tari. Perché, ovviamente, i costi di smaltimento vengono riversati in bolletta. E oltretutto, si perde anche un 30 o 40% di materia organica che rimane attaccata ai sacchetti smaltiti in discarica.