Il caso dei sacchetti biodegradabili per la pesatura e il trasporto di frutta e verdura sta scatenando polemiche a tutti i livelli della società civile. Da ultimo, il Ministero della Salute ha affermato che è possibile portarli da casa, basta che siano nuovi e non già utilizzati. Da parte loro, i consumatori e molte associazioni di tutela affermano che si tratta di un abuso, o addirittura di un favore fatto dalla politica a certi imprenditori.

Cerchiamo, quindi, di fare un po' di chiarezza su ciò che, effettivamente, prevede la nostra legge rispetto a quanto richiede l'Unione Europea.

Cercheremo di delineare anche le possibili limitazioni d'uso per evitare di incorrere in sanzioni.

L'obiettivo della normativa

Matteo Renzi ha fatto notare, tramite Facebook, che l'obiettivo che si voleva raggiungere con l'introduzione dell'obbligo di pagamento, era quello di tutelare l'Ambiente, aderendo strettamente alle disposizioni della direttiva europea. In effetti, l'inquinamento da plastiche - soprattutto da microplastiche - sta diventando un problema scottante a livello mondiale, in particolare per quanto riguarda la salute degli oceani e della loro biodiversità.

Bisogna ammettere, però, che i sacchetti di plastica ultraleggeri rappresentano una percentuale piccolissima di questo particolare tipo di inquinamento.

Dunque, se si voleva tutelare maggiormente l'ambiente, si sarebbero potuti individuare altri obiettivi. Ma tant'è. Sta di fatto che la direttiva europea diceva cose diverse.

Cosa prevede la direttiva europea

La direttiva in questione è la n° 720 del 2015 e, per assurdo, è stata redatta sul modello italiano. Infatti il nostro Paese era stato messo sotto accusa diversi anni fa, perché aveva reso obbligatorio l'utilizzo di sacchetti per la spesa esclusivamente biodegradabili e non di plastica.

Di conseguenza, i produttori esteri avevano lamentato che la normativa italiana poneva un ingiusto limite alla libera circolazione delle merci nel territorio dell'Unione Europea. Ma, dopo un contenzioso durato anni, alla fine è stata l'Europa ad adeguarsi. Tant'è vero che l'Italia era finita in infrazione perché - benché già la rispettasse - non aveva formalmente recepito la direttiva 720/2015.

Per di più la direttiva, ora inserita nel nostro ordinamento, consente espressamente al Governo nazionale di escludere dalla sua applicazione le borse di plastica con uno spessore inferiore ai 15 micron, e tra questi rientrano proprio i sacchetti ultraleggeri che hanno generato la recente polemica. Di conseguenza, questi involucri potrebbero anche essere non biodegradabili, e soprattutto gratuiti.

Cosa dice la legge italiana

Come ormai sappiamo molto bene, il decreto Mezzogiorno, in cui è stato introdotto l'obbligo di utilizzo e pagamento dei sacchetti ultraleggeri, è stato approvato ad agosto. Questa misura vale solo ed esclusivamente per i sacchetti utilizzati per la pesa e la prezzatura di frutta e verdura.

Infatti la normativa non include tutti i piccoli imballaggi di plastica come i sacchetti utilizzati nelle farmacie, anch'essi biodegradabili. Questi, a stretti termini di legge, potrebbero continuare ad essere forniti gratuitamente. Vi sono poi altri tipi di imballaggio che potrebbero essere distribuiti gratis come, ad esempio, i sacchetti di carta, o tutti quelli di plastica con spessore superiore ai 15 micron che non rientrano nell'obbligo di legge.

Sicuramente quelli che hanno uno spessore fino a 15 micron vanno pagati, anche se la normativa non fissa un prezzo minimo o massimo. Il costo serve a dare un valore al bene, inducendo il consumatore a dei comportamenti più parsimoniosi e, di conseguenza, maggiormente consapevoli. Ricordiamo che il testo di legge, scaricabile dal sito del Ministero dell'Ambiente, riporta tutti i dettagli sul tipo di borse utilizzabili o meno gratuitamente.