Le confezioni sono più piccole ma hanno lo stesso prezzo di quelle standard. Quella più diffusa risulta, purtroppo, la tendenza da parte di molte aziende italiane di lasciare invariato il prezzo della confezione, nonostante le quantità di prodotto in essa contenta risulti abbondantemente minore. Per le aziende, questa pratica si traduce in un aumento ‘nascosto’ sul prodotto venduto.

Confezioni ingannevoli: il prezzo è invariato ma il prodotto si riduce

Quest’oggi la trasmissione televisiva “Mi Manda Raitre” affronta una questione importante in difesa dei diritti dei consumatori.

Salvo Sottile, insieme alla consulenza di un esperto, ha cercato di illustrare con esempi concreti le attuali pratiche scorrette da parte di alcune aziende di prodotti della grande distribuzione alimentare. In molti scaffali dei supermarket - spiega l’esperto - si celano macroscopiche truffe ai danni dei consumatori. In tal senso, vediamo brevemente alcuni esempi di seguito elencati:

Carta igienica – Spiega l'ospite in studio che alcune marche di carta igienica oggi possono contenere fino a 230 strappi, mentre nelle confezioni precedenti gli strappi erano 250. A variare in questo caso non è il prezzo ma la quantità ridotta di materia prima, cioè la carta.

Fazzolettini di carta – Un altro esempio clamoroso è rappresentato, per esempio, dalle confezioni di fazzoletti.

In questo caso, alcune marche, nonostante riportino in bella vista il numero dei fazzoletti contenuti all’interno, lo stesso non corrisponde alla quantità dichiarata. Un altro escamotage che adottano alcune aziende è quello di realizzare confezioni di dimensioni ridotte. Questo significa minore quantità di materia prima (carta) ad un prezzo uguale o a volte persino maggiore della confezione normale.

Merendine al cioccolato – In questo caso specifico, nonostante sia invariato il quantitativo di prodotto e la stessa dimensione dell’imballaggio, quello che è diminuito – spiega l’esperto - è la quantità di cacao presente nei dolciumi; ad aumentare, invece, è la quantità di zucchero. Questo spiega l’enorme aumento di patologie odontoiatriche che colpiscono oggi la salute dentale dei tanti consumatori in tenera età.

Biscotti - Il paradosso poi, sostiene l’esperto, è rappresentato da alcune marche di Biscotti. In questo caso si può scoprire che una confezione più piccola può arrivare a costare più di quella grande. In pratica, il prezzo rimane invariato nonostante la quantità di biscotti sia assolutamente inferiore.

Bibite e prodotti derivati – La stessa cosa vale per le bevande. Un esempio importante è rappresentato dal latte di mandorla. Se si legge bene l'etichette, ci si accorge che molti di queste bevande possiedono appena il 12% del prodotto naturale. Il restante 89% è solo una miscela di acqua e zucchero.

Dentifrici - La tendenza a diminuire le dimensioni dei packaging la troviamo anche in tanti altri prodotti di largo consumo.

Ad esempio negli astucci di alcune marche di dentifrici, i quali negli ultimi anni sono passati dal contenuto standard di 100 ml a quello da 75 ml, confermando e in alcuni casi aumentando di poco lo stesso prezzo di vendita delle precedenti confezioni.

Differenza di costo tra prodotti sfusi e confezionati

Le differenze dei prezzi al dettaglio, mostrate in trasmissione attraverso alcuni dettagliati cartelli informativi, indicano macroscopiche differenze di prezzo tra il prodotto sfuso e quello confezionato: nel caso dell’origano, per esempio, la differenza di costo è assolutamente sconvolgente. Si passa da 1,5€/Kg dell’origano sfuso a 30€/Kg di quello confezionato. La stessa situazione vale per il caffè.

Si passa dal caffè sfuso che costa 10,78 €/Kg a quello confezionato, come per esempio il caffè in cialde, che arriva a costare fino a 53 €/Kg. Quest’ultima abnorme maggiorazione è giustificata dal costo del packaging realizzato in plastica che rovina, tra l’altro, il nostro ambiente.

Carte fedeltà e raccolta punti? Una strategia delle aziende per conoscere le nostre preferenze

Su questo argomento, infine, ‘Mi Manda Raitre’ pone l’accento sulla diffusa abitudine della maggior parte dei consumatori ad aderire alle famose ‘carte fedeltà’ con le raccolte punti a queste collegate. Un vero e proprio fenomeno oramai diffusissimo: le statistiche parlano di un’adesione dei consumatori pari al 70%. Il consiglio dell’esperto: evitatele!

Aderire a quelle carte significa per noi consumatori due cose: 1) fornire alle aziende multinazionali l’autorizzazione al trattamento dei nostri dati personali e sensibili; 2) indichiamo alle stesse aziende, quando facciamo la spesa, quali sono le nostre propensioni al consumo, con tutto quello che ne deriva negativamente per noi consumatori.