Negli ultimi due mesi, 55 miliardi di euro hanno lasciato l'italia, sprofondando il nostro Paese in una situazione simile al selloff del 2012. Le vicende legate alla minacciata revoca della concessione ad Atlantia hanno peggiorato le cose.

Una chiara presa di posizione degli investitori

La Bce segnalava già a maggio un saldo negativo della bilancia italiana di 38.6 miliardi, che nel mese di giugno è sceso di uteriori 16 miliardi. Tutto ciò segue il disimpegno dal nostro paese delle banche estere, che nell'ultima parte dell'anno scorso avevano tagliato la loro esposizione sull'Italia di 100 miliardi di euro.

D'altro canto, nemmeno gli italiani restano ad aspettare, con gli investimenti all'estero che sono passati da 121 miliardi di aprile 2017 a quasi 144 miliardi dell'aprile 2018.

Atlantia un nuovo colpo alla fiducia degli investitori

In tale contesto, la guerra dichiarata dal governo ad Atlantia per il crollo del ponte Morandi, con la minaccia di revoca della concessione alla controllata Autostrade per l'Italia, acuisce tale fuga, con una perdita secca del 22,2% di capitalizzazione a causa delle vendite a pioggia degli investitori. Le esternazioni degli esponenti governativi (ha fatto sensazione ascoltare da un avvocato come Conte frasi come "non possiamo attendere i tempi della giustizia") si riflette pesantemente in borsa e non sono pochi gli italiani, che da "cassettisti", hanno investito i loto risparmi in Atlantia, considerando che da sempre, le infrastrutture sono considerate un investimento relativamente sicuro.

Questi oggi iniziano a domandarsi se stanno per perdere i loro risparmi.

L'esempio pratico di un clima di sfiducia

Per capire meglio il tonfo di Atlantia, si deve partire dal fatto che l'azionista di maggioranza, i Benetton, controlla solo il 30% delle azioni. Il resto, cassettisti a parte, è posseduto da grandi investitori esteri, si va dalla banca HSBC, al fondo sovrano di Singapore, da Allianz al fondo cinese Silk Road.

Questi sono gli azionisti che non hanno responsabilità gestionali, ma che, di fronte alle minacce governative applicano semplicemente i meccanismi di funzionamento dei mercati: vendono. Questo ha avuto riflessi su tutto il settore delle costruzioni e costituisce un monito alla Politica sui termini da utilizzare durante le uscite pubbliche.

Conclusione

Non vi è alcun dubbio che si arriverà ad una composizione della vertenza, in maniera tale da sanzionare adeguatamente i colpevoli, ma anche in modo tale da lanciare quei segnali che gli investitori attendono dall'Italia prima di decidere se il disimpegno deve continuare oppure no.