Cioccolato amaro per la Pernigotti: il suo bilancio è, nonostante tutto, in attivo ma nel 2018 il bilancio ha fatto registrare un ricavo di 46 milioni, mentre nel 2017 il ricavo netto è stato rilevato in 51,7 milioni di euro. E le previsioni del 2019 non sono tanto migliori. C'è stato un calo degli incassi, che è stato mitigato solamente dal fatto che l'azienda ha deciso di vendere la divisione gelati e di vendere alcuni fabbricati di proprietà dismessi all'uso industriale. Una situazione aziendale che continua già da qualche anno, nonostante che l'azionista di maggioranza, la società turca Toksoz, abbia immesso come liquidità ben 15,2 milioni di euro, ma che non sono serviti, tuttavia, a rilanciare di nuovo la storica cioccolateria industriale famosa in tutto il mondo.
Le fasi della crisi della produzione del famoso Gianduiotto
La Pernigotti è famosa sopratutto per la produzione del celebre Gianduiotto, ma che già dal 2014 ha accusato perdite considerevoli tanto che, facendo i confronti dei bilanci successi dall'anno già citato e arrivando fino al 2018, si evidenziano perdite per circa 60 milioni di euro, in parte coperte grazie ai turchi che, sfruttando il nome di un prodotto Made in Italy, hanno acquisito la maggioranza delle azioni della società di Novi Ligure. Lo scoppio di questa crisi ha determinato la relazione di esperti periti commerciali, che hanno fatto pervenire una dettagliata documentazione al Mise. Siccome negli ultimi due anni le vendite non hanno prodotto il risultato sperato, i dirigenti hanno optato per la cessione della divisione gelati, acquisita da Optima per 20,8 milioni di euro, ma questa operazione ha creato una lite giudiziaria con l'imprenditore romagnolo Giordano Emendatori, che ha avuto come risultato l'intervento della magistratura che ha fissato la prima udienza presso il tribunale di Milano al 14 gennaio 2020 per dirimere questa questione.
L'azienda prova a voltare pagina
A seguito di tutto ciò, i turchi hanno deciso che è arrivato il momento di voltare pagina per quanto riguarda l'andamento commerciale dell'azienda. Dopo aver tagliato i rami secchi non produttivi, adesso si cerca, da parte dei massimi dirigenti della industria piemontese, di guardare avanti, cercando di creare nuove strategie di vendita e anche cercare dei nuovi mercati per diffondere lo storico prodotto, mantenendo saldo il legame indissolubile con la regione da cui tutto è partito, il Piemonte, ma con la necessità di trovare nuovi capitali da investire per rilanciare la produzione e mantenere i livelli occupazionali, già ridotti all'osso, dopo che i primi sintomi della difficoltà si sono manifestati dal 2012. Una azienda che deve dimostrare al mondo l'inalterata qualità dei suoi prodotti per far mangiare alle persone, senza paura di fallire, il buon cioccolato italiano.