In un editoriale pubblicato sul Financial Times, l'Italia è stata definita l'ostacolo principale alla realizzazione dell'Unione Bancaria Europea. In particolare l'articolo fa riferimento alle esitazioni del nostro Governo sulla ratifica delle modifiche più recenti al Meccanismo Europeo Di Stabilità (MES). La strategia negoziale alla base di questo comportamento consisterebbe nel subordinare l'approvazione delle modifiche all'ottenimento di ulteriori concessioni su altri passaggi del processo di costituzione dell'Unione Bancaria, specificamente in tema di assicurazione europea dei depositi bancari.

In una dichiarazione riportata dal giornale, Lorenzo Codogno, in passato capo economista del Ministero del Tesoro italiano, ha dichiarato che se l'Italia blocca il MES, cercando di imporre delle condizioni, questo potrebbe rivelarsi un errore e portare a non ottenere nulla.

Le ragioni dell'Unione Bancaria

A partire dal 2012 i leader dell'Eurozona hanno deciso di interrompere il possibile circolo vizioso originato dall'interazione tra banche e governi nazionali per prevenire il rischio di possibili crisi finanziarie: la necessità di intervenire per salvare gli istituti di credito potrebbe infatti mettere a repentaglio le finanze dei Paesi. In quest'ottica si è dunque avviato il processo di creazione di un'unione bancaria in cui i contribuenti non sarebbero più stati in balìa delle banche in fallimento.

Il raggiungimento di questo obiettivo comporta tuttavia un prezzo piuttosto elevato: la perdita della possibilità per ciascun Paese di ricorrere alle "sue" banche per collocare i propri deficit quando nessun altro è disposto a finanziarli. La paura di perdere un mercato captive per i propri titoli risulta ad oggi un ostacolo molto rilevante per il completamento di questo processo e specialmente in un Paese: l'Italia.

Le remore dell'Italia sull'Unione Bancaria

La preoccupazione principale (non solo per l'Italia in verità) riguarda la necessità per gli istituti bancari di alleggerire la propria esposizione verso i propri Governi o di applicare a questi titoli una ponderazione per il rischio penalizzante.

Il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha più volte affermato che i requisiti patrimoniali sulle esposizioni sovrane delle banche potrebbero essere accettabili se, contemporaneamente, venisse introdotto un "safe asset" (bene sicuro) comune dell'area dell'euro, una sorta di "debito pubblico europeo".

Questa soluzione, tuttavia, è ritenuta impraticabile per la Germania e per gli altri Stati del Nord, a costo di arrestare l'Unione Bancaria.

A tale proposito l'articolo del Financial Times riporta un'alternativa promossa da Luis Garicano, economista e deputato spagnolo liberale. Invece di emettere titoli di debito europei, si potrebbe attribuire la qualifica di safe asset a dei portafogli diversificati che includano tutti i titoli di Stato europei.

Il nodo da sciogliere sull'Unione Bancaria

Pertanto, affinché l'Unione Bancaria si rimetta in moto, due esigenze devono in qualche modo essere conciliate: da un lato, la necessità di ridurre l'esposizione delle banche al proprio sovrano e, dall'altro, il timore dei Governi, carichi di debiti, di non essere in grado di collocare i propri titoli.

Per quanto vi siano diverse "soluzioni creative" al problema di un safe asset comune, quel che va ricordato a questo proposito è che i rischi esistenti nel sistema possono essere riallocati tra i diversi operatori, ma non "fatti sparire del tutto". Quand'anche si trovasse un meccanismo sintetico per "aggregare" i debiti dei diversi Paesi, ad esempio attraverso strutture di cartolarizzazione, questo eliminerebbe problemi strutturali come l'eccessivo indebitamento di alcuni Paesi e la rischiosità che questo comporta.