Ricorre quest'anno il 100° anniversariodell'inizio di una delle più grandi tragedie umane europee: il massacro, lamorte e l’espulsione di oltre un milione di armeni dalla loro patria storica,quella che oggi conosciamo come la Repubblica di Turchia.

Quel che accadde allora vienegiustamente considerato “il genocidioarmeno”.

Vi fu lo sterminio e ladeportazione di massa della popolazione cristiana dell’Armenia occidentale,allora governata dall’impero Ottomano. La principale causa di un simile odiorazziale fu a seguito delle sconfitte subite all’inizio della prima guerramondiale per opera dell’esercito russo, a fianco del quale militavano anchebattaglioni di volontari armeni.

I massacri della popolazione cristiana avvenneroin Turchia tra il 1915 e il 1916, gli armeni lo ricordano come il ‘Medz yeghern’: il grande crimine.

Le brutali uccisioni cominciarononella notte tra il 23 e il 24 aprile1915, ma l’eccidio continuò senza sosta anche i giorni successivi. Un milionee mezzo di morti accertati, c’è chi dice fossero anche di più.

Lo ha ricordato recentemente papaFrancesco, scoperchiando così una diaspora che persiste fino a oggi e che haispirato milioni di cittadini sensibili e interessati di tutto il mondo aimpegnarsi in proteste appassionate per conto della comunità armena, tutt’oggirimasta senza un qualsivoglia atto di giustizia in loro favore.

Ci provò, a partire dal 1933, uncerto Raphael Lemkin, che allora era un pubblico ministero a Varsavia.

Lemkin avevaguidato una campagna per creare un quadro giuridico internazionale finalizzatoa convincere il mondo affinché si potesse perseguire coloro che si eranomacchiati di un tale crimine contro l’Umanità. La sua era una missioneprofondamente morale, condita in parti uguali da indignazione e compassione. E,come parte di questa campagna, Lemkin aveva coniato il termine ‘genocidio’ per descrivere l’inflizioneintenzionale di un danno progettato per distruggere, in tutto o in parte, ungruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.

La definizione di ‘genocidio’ è stata formalmente adottatapoi dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1948 considerandolosimile, se non i numeri assoluti, al più famoso genocidio su tutti: l’Olocausto.

Oltre a ciò, nulla è stato fattoda chicchessia e, ancora oggi, niente e nessuno è mai stato perseguitolegalmente e, men che meno, condannato per un simile atto criminale.

Dall’altra parte, il punto divista della Turchia è, invero, molto diverso, seppur controverso. Ancora oggila Turchia nega che l’uccisione di massa, la deportazione degli armeni e/o dialtri gruppi, non siano maistati motivati ​​dallavolontà di sterminare unapopolazione nazionale, etnico, razziale o religiosa. Non contestano alcunifatti accaduti a suo tempo, bensì sostengono che il numero totale di armenimorti ammazzati sono stati “gonfiati” e, inoltre, assegnano la gran parte dellacolpa, riferendosi alle sofferenze degli armeni del tempo, a una decennaleanimosità interetnico nonché agli orrori più ampi della prima guerra mondiale.

È innegabile che questo fantasiosopunto di vista turco è, di fatto, una negazionedel genocidio, ma non vale certo come una sconfessione assoluta.

Da sempre le parti in causa, chesiano essi vincitori o vinti, vittime o carnefici, spesso vedono le cose inmodo molto diverso e usano disuguali termini per descrivere il medesimo evento.Tuttavia, poiché la parola ‘genocidio’ va considerata un termine di legge (come, per fare un esempio, lo è anche l’omicidio),è pleonastico pensare che per manifestare una simile violenza e orrore storico,come lo sterminio degli Armeni, la cosa debba essere inquadrata necessariamentein un ambito legale.

Non è mai troppo tardi per faregiustizia. La moderna Europa, tanto ligia al rigore, da sempre inneggiante alla libertà,democrazia e alla moralità, dovrebbe farsi carico di un problema così grande e mai dimenticato.