Quando Theresa May ha annunciato che Boris Johnson sarebbe stato il suo ministro degli Esteri, le cancellerie di tutto il mondo si sono unite in un coro di sgomento. Del resto, quando si mette a capo della diplomazia di un paese un uomo che, nel corso della sua carriera giornalistica e politica, della diplomazia ha fatto strame, offendendo praticamente tutto l'orbe terracqueo, qualche contraccolpo è lecito aspettarselo. Ancor di più se la diplomazia in questione è alle prese con una questione epocale come la Brexit.

Le vittime eccellenti di un serial gaffeur

La lista delle gaffes di BoJo è praticamente infinita e tra le sue vittime si contano innumerevoli personaggi attualmente al potere in paesi alleati della Gran Bretagna. Prendiamo il caso del Racep Erdoğan, cui Johnson ha dedicato una delicata poesiola in cui il presidente turco viene definito un “wankerer” - cioè, per dirla in modo educato, un cultore della pratica dell'autoerotismo - che ama fare sesso con le capre. Non male anche il suo record con i presidenti americani. L'ex sindaco di Londra ha insultato quello in carica e quello che entrerà alla Casa Bianca il prossimo gennaio. A Barack Obama, che prima del referendum aveva avuto l'ardire di invitare i britannici a votare per rimanere nell'Unione Europea, Johnson ha intimato il silenzio, accusandolo di avere un'ancestrale avversione per la Gran Bretagna in quanto mezzo kenyota.

Con Donald Trump non è andata meglio. "L'unica ragione per cui non visiterei New York è il pericolo di incontrarlo" ha detto di lui Johnson. Fosse stata eletta Hillary Clinton, la situazione non sarebbe cambiata, perché il biondo politico conservatore l'ha descritta come "la sadica infermiera di un ospedale psichiatrico". L'insulto più greve, però, è stato riservato a George W.

Bush, definito “guerrafondaio texano dagli occhi storti”.

Verhofstadt: 'Ipocrisia in azione'

Ma è in Europa che BoJo si è creato il maggior numero di nemici, soprattutto nei cinque anni passati tra fine anni '80 e inizio anni '90 come euroscettico corrispondente del Daily Telegraph da Bruxelles. Un collega, John Palmer del “Guardian”, ha definito Johnson "un giornalista totalmente irresponsabile, che si inventa le storie".

In politica, invece, il buon Boris è famoso per le sue giravolte. Clamorosa quella recente sulla Turchia. Nel corso della campagna referendaria che ha portato alla Brexit, l'ex sindaco di Londra ha agitato il possibile ingresso di Ankara nella UE come uno spauracchio per spaventare gli elettori. Una volta diventato ministro, con il Regno Unito diretto verso l'addio all'Europa, il voltafaccia: "Londra farà di tutto per aiutare la Turchia a entrare nella UE". Il belga Guy Verhofstadt, rappresentante del Parlamento europeo ai negoziati per la Brexit, l'ha definita “ipocrisia in azione". Più recente la polemica con Carlo Calenda. Così il nostro ministro dello Sviluppo economico ha descritto a “Bloomberg” un suo colloquio col titolare del Foreign Office: "In pratica, mi ha detto: 'Non voglio la libertà di movimento (delle persone, ndr) ma voglio il mercato unico'. Gli ho risposto che non è possibile. E lui: 'Così venderete meno prosecco da noi'. Mettere le cose su questo piano è insultante".