Le parole del sottosegretario Roberto Reggi, che hanno anticipato il contenuto della riforma della Scuola, non sono passate inosservate, in particolar modo agli insegnanti precari. A far parlare molto è l'intenzione del governo di affidare le supplenze ai docenti in ruolo, anziché a chi è iscritto nelle graduatorie di Istituto (che potrebbero essere eliminate).

Ma cosa si deve fare per insegnare nella scuola italiana? Si deve pagare? A quanto pare... sì.

Scuola, precari e insegnamento: i corsi a pagamento

Diversi docenti precari della scuola italiana hanno fatto notare come siano cambiate le cose negli ultimi anni.

Fino a dieci anni fa, entrare nella lista del precariato era gratuito e molto semplice. Prima si iniziava con qualche breve supplenza, poi con quelle più lunghe, fino ad entrare di ruolo.

Oggi per essere un aspirante supplente bisogna seguire corsi universitari a pagamento e specializzarsi, sborsando migliaia di euro. E se uno non li ha? Non sorprende se i docenti soffrano di burnout! E che dire se le parole di Reggi trovano un riscontro reale? Che fine faranno i precari e i trecentomila iscritti nelle graduatorie di Istituto?

Inutile dire che il mondo dei precari è in subbuglio.

Scuola, precari e insegnamento: il lato economico

Ma se verranno cancellate le graduatorie d'istituto, a pagarne lo scotto saranno anche le università, che fino a questo momento hanno tamponato il calo dei finanziamenti statali proprio con i corsi abilitanti per insegnanti a pagamento, come TFA, Pas, ecc. Il mondo dei precari per loro è un vero e proprio business.

Diverse testimonianze parlano di persone che hanno sborsato dai 2.000 ai 7.000 euro per ottenere l'abilitazione e poter accedere alle graduatorie di istituto.

Senza contare che per evitare di farsi superare in graduatoria, una volta iscritti, è necessario acquisire qualche titolo aggiuntivo, naturalmente sempre a pagamento.

Eh sì! Chi vuole insegnare nella scuola italiana deve pagare. Ma forse, da ora in poi, non sarà possibile fare nemmeno questo.