Come illustrato in un nostro precedente articolo, con il prossimo anno scolastico 2014/2015 entrerà in vigore nelle scuole superiori il CLIL (Content and Language Integrated Learning): il progetto introdurrà il metodo didattico che consisterà nell'insegnare una materia facendo uso di una lingua straniera. Per il momento, il CLIL riguarderà solo il quinto anno delle scuole superiori (anche come probabile argomento d'esame) ma già fioccano le polemiche intorno a questo provvedimento 'residuo' della riforma Gelmini. Come mai si discute il CLIL? O meglio, che cosa ruota intorno al CLIL?



Miur, scuola, CLIL e prime polemiche: aumento di stipendio e di punteggio oppure tutto 'gratis'? 

Se da una parte non si discute l'utilità del metodo di insegnamento, purchè venga effettuato in maniera efficace e non saltuaria, dall'altra si comincia a mormorare sui reali 'benefici' supplementari per i docenti: e quando parliamo di 'benefici' si intende ovviamente l'aspetto economico.

La novità è di quelle che merita un'ampia cassa di risonanza, questo è indubbio, ma ci saranno vantaggi anche negli stipendi? E' innegabile che moltissimi docenti si sono già organizzati (e si organizzeranno) nella frequenza di corsi di preparazione per questo nuovo metodo di 'teaching', ma l'aspetto più inquietante è legato al fatto che nelle varie note del Miur diffuse sull'argomento, non vengono menzionati nè il guadagno economico di cui potrebbero beneficiare i docenti predisposti per il CLIL, nè il guadagno di punteggio.

Il discorso confluisce sempre sul solito ed inevitabile argomento: le risorse. Con le coperture finanziarie adeguate, i docenti sarebbero in grado di scalare persino l'Everest, ma si sa, la realtà è ben diversa.

C'è il rischio, dunque, che il CLIL, per quanto iniziativa lodevole ed estremamente utile, diventi un'occasione da sfruttare per un altro 'business', quello relativo ai corsi le cui spese gravano come al solito sui docenti 'volenterosi'. Il 'gioco', se così lo vogliamo chiamare, vale la candela?