'Sulla riforma della Scuola ci metto personalmente la faccia', queste le parole del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi che, probabilmente, non si riferiva soltanto alla delicatezza dei provvedimenti che verranno adottati, ma che potrebbe riferirsi anche una palese diversità di vedute con il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini. Tant'è vero che venerdì prossimo, 29 agosto, il numero uno del Miur potrebbe essere il 'grande assente' della giornata, visto che, a quanto pare, saranno Matteo Renzi e il responsabile welfare scuola, Davide Faraone ad incaricarsi della presentazione della riforma della scuola.
Quale sarebbe il motivo della 'frattura' tra il presidente del Consiglio e l'Onorevole Giannini? Sembra che al capo dell'esecutivo non siano piaciute troppo le parole spese dal ministro, in occasione del suo intervento al Meeting di Comunione e Liberazione, a favore delle scuole paritarie che, naturalmente, è stato accolto con un lungo applauso da parte dei presenti.



Riforma scuola, Matteo Renzi contro il ministro Giannini? Le radici politiche sono diverse

Il ventilato maggior sostegno alle scuole paritarie da parte del ministro Giannini è stato, infatti, prontamente smentito per voce del sottosegretario al Miur, Gabriele Toocafondi che ha precisato come il tema della parità scolastica NON rientra nell'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri.
In questo momento, la priorità è rappresentata dalla ricerca delle coperture finanziare necessarie per garantire la riforma: certamente, il Ministero dell'Economia e delle Finanze non sarà in grado di dare il via libera ed ecco perchè sicuramente si ricorrerà ai fondi europei ed ovviamente ai tagli nella spesa. In più, si chiederà sostegno anche ai privati, in una sorta di rapporto di collaborazione la cui riuscita, però, rappresenta una vera e propria incognita.


Dunque, rottura tra il Presidente Renzi e il ministro Giannini? Ancora presto per dirlo, anche se i discorsi sembrano effettivamente andare in diverse direzioni, che, se non sono diametralmente opposte, poco ci manca. Del resto, si sa, anche le vedute politiche del premier e del numero uno del Miur hanno radici decisamente differenti e, a lungo andare, questo connubio potrebbe subìre inevitabili rotture.