Lascia sicuramente perplessi la situazione nella quale sono finiti i Quota 96 della scuola pubblica, insegnanti e lavoratori ATA che dovevano avere accesso alla pensione con 35 anni di contributi e 61 anni di età, oppure con 36 anni di contributi e 60 anni di età. Nonostante circa 4000 persone avessero già maturato i requisiti, per loro le porte dell'Inps restano bloccate dal lontano 2011, anno in cui ha preso forma la Riforma Fornero. Ed è stata proprio l'urgenza con cui si è deciso di mettere mano al sistema pensionistico (visto che l'Italia rischiava pericolosamente di affondare nello spread) ad aver fatto incorrere i legislatori in una svista quasi incredibile; non tenendo conto che i lavoratori dell'istruzione seguono l'anno scolastico, in molti si sono visti allungare la propria permanenza sul lavoro fino a 7 anni.

Il dietrofront del Governo con il ritiro della sanatoria dalla Riforma PA

Ma le vicende non si fermano qui, perché nelle ultime settimane il problema sembrava finalmente potersi risolvere definitivamente. La riforma della pubblica amministrazione prevedeva infatti un apposito provvedimento, che permetteva di garantire finalmente il pensionamento dei Quota 96 prima che iniziasse il nuovo anno scolastico. Il colpo di scena è arrivato poche ore prima dell'approvazione, quando il Governo Renzi avrebbe fatto dietrofront su tale iniziativa, a causa delle incertezze sulle coperture. I conteggi dell'esecutivo non sembravano più corrispondere con quelli della Ragioneria dello Stato e nemmeno con i dati in possesso dell'Inps, che si preoccupava del costo legale da sostenere per i possibili ricorsi.

D'altra parte è stato lo stesso Premier in carica Matteo Renzi ad aver chiarito che l'orientamento del Governo sulla questione sembrava cambiato, quando ha affermato su Rai tre alla trasmissione Millennium che la priorità andava data a chi un lavoro non l'aveva, come gli esodati del settore privato.

Dietro al nuovo indirizzo sulla scuola pubblica potrebbe esserci il Colle

L'ultima clamorosa novità in termini di tempo si è concretizzata dopo che il Governo ha tolto del tutto la scuola dall'agenda del Consiglio dei Ministri organizzato per il 29 agosto a Roma.

È chiaro che con questa presa di posizione ogni possibile intervento a difesa dei Quota 96 slittava a data da destinarsi. Un punto di non poco conto se si considera che a settembre 2014 inizierà il nuovo anno scolastico, pertanto migliaia di lavoratori potrebbero trovarsi bloccati all'interno dell'ennesimo anno lavorativo.

A tal proposito, indiscrezioni giornalistiche (tecnicadellascuola.it) riferirebbero che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano avrebbe chiesto al Premier di procedere con più calma, perché trattare all'interno dello sblocca Italia sia la Riforma della giustizia che quella del lavoro, della scuola e delle pensioni avrebbe potuto accentuare il rischio di incostituzionalità dei provvedimenti.

Insomma, il lavoro sarebbe potuto risultare così complesso da divenire lacunoso, tanto da trasformare le buone intenzioni in un boomerang.

Intanto però il problema per i Quota 96 continua a mantenersi in essere; visto anche il nuovo orientamento dell'esecutivo, i lavoratori coinvolti hanno deciso di far sentire la propria voce proprio in concomitanza con il Consiglio dei Ministri del 29 agosto. La manifestazione di protesta organizzata inizialmente dal comitato dei Quota 96 ha visto immediatamente l'adesione di vari sindacati, tra cui Uil Scuola, FLC Cgil e Cobas Scuola.

Massimo Di Menna, della Uil, chiede che il dibattito resti pubblico e invita i legislatori ad una maggiore apertura verso le richieste dei lavoratori: "se i Governi decidono senza confronto, restando chiusi nelle loro stanze, producono pasticci".

E proprio dai sindacati sembrerebbe arrivare la nuova speranza per una possibile risoluzione della questione.

La nuova proposta dei sindacati per il pensionamento dei Quota 96

Negli scorsi giorni è stato proposto all'Inps di concedere l'agognato pensionamento attraverso la diluizione delle fuoriuscite in scaglioni progressivi; a livello pratico, si potrebbe effettuare i pensionamenti suddividendo i lavoratori in gruppi, così da alleggerire il peso dei provvedimenti dai conti dello Stato. Una soluzione che potrebbe avere del buon senso, ma che nella migliore delle ipotesi richiederà del tempo per poter essere analizzata e messa alla prova. Tempo che pesa ancora una volta sulle spalle dei lavoratori della scuola, rimasti imbrigliati nell'impossibilità di vedere concretizzarsi un diritto alla pensione già maturato da oltre due anni.