La Corte di Giustizia Europea ha stabilito l'illegittimità del sistema dei precari nella scuola italiana. Si tratta di una sentenza che arriva dopo cinque anni di battaglie giudiziarie, durante i quali numerose erano già state le sentenze di tribunali italiani favorevoli a singoli ricorsi che avevano indotto la Corte Costituzionale a chiedere un parere all'Europa. Il pronunciamento della Corte europea sancisce così, in modo chiaro e inequivocabile, la contrarietà del sistema italiano delle supplenze.

LE ORIGINI DELLA CONTROVERSIA

La questione, sollevata dal sindacato Anief, trae origine da una direttiva europea del 1999 recepita dall'Italia con un decreto del 2001, che stabiliva il diritto dei precari ad essere assunti a tempo indeterminato dopo 36 mesi di servizio.

Per porre un freno ai ricorsi, il governo fece ricorso ad una nuova norma che escludeva l'applicabilità della direttiva europea al settore Scuola per il fatto che gli insegnanti, con le supplenze temporanee, acquisivano comunque punteggi utili ai fini di una futura assunzione. Una tesi non accolta dalla Corte europea che, con la sentenza di oggi, ha chiarito che "il rinnovo illimitato di contratti a tempo determinato (le supplenze) per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato".

L'ESULTANZA DEI SINDACATI

Facile prevedere le reazioni entusiastiche delle sigle sindacali che hanno visto riconosciuto un diritto per il quale si battevano da anni e che apre la possibilità, per circa 300.000 docenti e ausiliari tecnici amministrativi (personale ATA) che hanno svolto incarichi di supplenza per almeno 36 mesi negli ultimi 5 anni, di essere assunti con contratto a tempo indeterminato. Il percorso, però, non sarà automatico, dal momento che gli interessati dovranno presentare un ricorso che sarà valutato da un tribunale italiano.

Ricorso nel quale, oltre a chiedere la stabilizzazione, potranno essere richiesti risarcimenti relativi agli scatti di anzianità maturati tra il 2002 e il 2012 e le mensilità estive, per un esborso complessivo da parte dello stato di circa 2 miliardi di euro. La sentenza della Corte Europea, pur essendo riferita al settore scolastico, può aprire la strada ad analoghi pronunciamenti riguardanti tutti i precari della pubblica amministrazione.