La Legge di Stabilità approvata il mese scorso dal Parlamento ha dato il via libera all'anticipo del TFR (Trattamento di Fine Rapporto) in busta paga. Tutti i lavoratori dipendenti del settore privato potranno richiedere così le quote maturande del TFR. Questa possibilità ci sarà a partire dal primo marzo 2015. A chi spetta la possibilità di richiedere il TFR? Tutti i dipendenti che hanno un'anzianità di servizio di almeno 6 mesi presso un datore di lavoro privato hanno facoltà di richiedere un anticipo del trattamento di fine rapporto. Sono esclusi da questa possibilità i lavoratori domestici e quelli del settore agricolo.

Se il lavoratore decide di ricevere il TFR, lo stesso sarà vincolato per tre anni e la decisione sarà irrevocabile.

Per quanto riguarda la tassazione applicata al TFR bisogna fare una distinzione: si applicherà una tassazione ordinaria sull'anticipo del TFR richiesto dai lavoratori, mentre si applicherà una tassazione separata (tassazione agevolata) sull'importo erogato ai lavoratori al momento di andare in pensione. Da quanto detto si evince che richiedere il TFR anticipato porterà un beneficio sia al lavoratore che allo Stato.

Cosa succederà ai lavoratori, dal punto di vista reddituale? L'importo del TFR si aggiungerà al reddito del lavoratore incidendo, chiaramente, sulle detrazioni d'imposta, sugli assegni familiari e sul reddito ISEE.

Questa somma, però, non sarà considerata per la percezione del bonus degli 80 euro. Inoltre, il TFR anticipato non sarà assoggettato a contributo previdenziale. Come già accennato in precedenza, il lavoratore che sceglie di avere il TFR in busta paga non potrà tornare indietro nella sua scelta almeno fino al 30 giugno 2018.

Non è stato definito, però, cosa dovrebbe succedere nel caso in cui il lavoratore dovesse cambiare lavoro.

Cosa avviene, invece, per i datori di lavoro? Le imprese private potranno scegliere due soluzioni: pagare direttamente il lavoratore oppure utilizzare un finanziamento gestito dall'Inps o dallo Stato. Questo finanziamento sarà dato da una banca aderente all'accordo tra l'Associazione Bancaria Italiana (ABI) e ministeri con un tasso non superiore a quello di rivalutazione del Trattamento di Fine Rapporto. Quest'ultima parte sarà comunque meglio regolamentata con un apposito decreto del Governo.