La necessità di intervenire sulle Pensioni è, da mesi ormai, un argomento che quotidianamente occupa i media di ogni tipo: mentre il Governo ed i suoi ministri si impegnano ancora a difendere i miliardi "risparmiati" con la riforma Fornero (pur ammettendo talune storture dalla stessa provocate, come l'UE stessa attesta), le diverse categorie di lavoratori penalizzati da quella legge cercano sponde a sostegno della loro pressante richiesta di revisione di quei criteri, trovandone anche nello stesso partito del Presidente del Consiglio.

In questa situazione, appare sempre più importante cogliere tutti i segnali che possano far pensare ad un effettivo concretizzarsi di qualche novità.

In tal senso, pare particolarmente indicativo il recente intervento (Corsera 8/1/15) del prof. Mauro Marè, presidente del Mefop (società per lo sviluppo del Mercato dei Fondi Pensione - spa fondata nel 1999 - che fra i soci annovera circa 80 fondi pensione e la partecipazione del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che detiene la maggioranza assoluta delle azioni).

In una lunga premessa, il prof. Marè riporta i giudizi della Commissione Europea che definisce il sistema di welfare dell'Italia come "il più sostenibile nel lungo termine" rispetto a tutti gli altri Paesi europei, Germania compresa, affermando poi che il giudizio prospettico sulla situazione del nostro Paese sarebbe ben diverso laddove l'UE prendesse a riferimento, per le sue valutazioni, non tanto il disavanzo annuale di bilancio ma il più favorevole valore del cosiddetto fiscal gap (che confronta il valore ad oggi di spese ed entrate future).

È nella seconda parte dell'articolo, però, considerato il ruolo coperto dal prof. Marè, che si ritrova almeno uno di quei "segnali" di cui parlavamo prima. Egli si dichiara convinto del fatto che per il Governo saranno irrinunciabili interventi di contenimento della spesa e che, considerato che la previdenza vale il 16% del PIL, si affermeranno indispensabili interventi sulle pensioni.

Partendo poi dall'esigenza di assicurare equità generazionale, egli introduce il tema della ricerca di flessibilità in uscita per i più anziani senza lavoro e ripropone, per questa casistica, il progetto di prestito già ventilato anche dall'attuale ministro del Lavoro Poletti. Contemporaneamente, però, esclude ogni praticabilità ai progetti di prelievi sulle pensioni retributive, ancorché per la sola quota eccedente determinati importi.

In chiusura, coerente col suo ruolo, il prof. Marè auspica una revisione della normativa a favore della previdenza complementare (che "non scarica i trattamenti pensionistici sulle generazioni future") e sull'uso del TFR. Dopo tanti interventi "politici" sembra proprio che comincino a muoversi le truppe dei tecnici (vedasi anche la nomina del prof. Boeri all'INPS) e tutti dovremmo ricordare bene cosa, anche nel recente passato, ciò ha significato. Col "rischio" referendum in agguato, siamo prossimi ad un'accelerazione governativa?