Si ritorna a parlare con insistenza degli esodati. Da più parti si chiedono soluzioni strutturali condivise ed a breve. Com'è purtroppo ormai noto, la legge sulle Pensioni targata Monti-Fornero del 2011, con le sue rigide norme per l'uscita dal mondo del lavoro, ha generato una nuova categoria sociale, quella che comunemente viene definita degli "esodati". Cioè quei lavoratori penalizzati dai nuovi requisiti previsti nella riforma Fornero e che si sono trovati senza un ammortizzatore sociale e senza un lavoro dopo aver siglato accordi aziendali o con lo Stato per il collocamento a riposo sulla base delle vecchie regole.

Per far fronte ad un simile nuovo fenomeno e per arginarne gli effetti negativi, i governi che si sono succeduti dal 2011 hanno dovuto adottare provvedimenti con l'unico scopo di tutelare quei lavoratori, privi di un lavoro e di un assegno vitalizio. Gli interventi (conosciuti con la denominazione "salvaguardie") sono stati 6 fino ad oggi per oltre 170mila persone, con un onere a carico dello Stato di circa 12 miliardi previsto entro il 2020. Interventi che non hanno tuttavia risolto il problema, ma che anzi rischia di aggravarsi se non si interviene con modifiche strutturali al vigente sistema previdenziale.

Già, ma come intervenire? Quale la ricetta più indicata per fronteggiare e debellare il fenomeno?

Le ipotesi d'intervento finora formulate non hanno trovato ancora una concreta sponda da parte del governo. Quella che al momento, però, sembra essere la più realistica, in termini di sostenibilità finanziaria, e che è seguita con maggiore interesse dal governo, è quella del denominato "prestito pensionistico". In cosa consiste?

Chi ne può beneficiare? Quali le modalità e i campi di applicazione? Innanzitutto partiamo con il precisare che già il governo presieduto da Enrico Letta nel 2013 si era preoccupato di risolvere il problema esodati, partendo proprio dall'idea del prestito pensionistico, formulata dall'allora ministro Giovannini. Una soluzione studiata per i lavoratori vicini al pensionamento, ai quali dare non una pensione anticipata ma un anticipo sulla futura pensione.

Anticipo da rimborsare a rate, al momento di percepire il vitalizio integrale cioè al raggiungimento dei requisiti del diritto della pensione di vecchiaia.

Tale ipotesi oggi ritorna in auge in quanto troverebbe favorevole il Governo. La vicenda è comunque lungi dall'essere definita. Noi ne seguiremo lo sviluppo, seguiteci come sempre, noi vi terremo aggiornati.