Il gioco vale la candela? E' questa la domanda che si stanno ponendo i migliaia e migliaia di lavoratori che ieri hanno ascoltato l'audizione del presidente dell'Inps Tito Boeri. Il noto economista bocconiano ha infatti proposto l'adozione del calcolo contributivo per tutte le categorie lavorative suggerendo l'estensione dell'opzione donna agli individui di sesso maschile; la misura da un lato darebbe la possibilità di uscire prima dall'impiego ma dall'altro costringerebbe i fruitori dell'istituto a ricevere assegni molto più bassi perché privi dei benefici derivanti dall'adozione del calcolo retributivo. L'idea alla base della proposta sarebbe quella di 'ricevere esattamente quanto versato', ma di quanti soldi stiamo parlando? Le cifre al riguardo paiono discordanti, di certo c'è che molti, lavoratori precoci in primis, speravano in proposte differenti, più invasive e meno morbide. Anche il Premier Renzi sembra indirizzato a seguire il piano Boeri, con buona pace di quanti (compreso il sottoscritto) si erano illusi di poter finalmente assistere ad un superamento vero e non solo a parole del sistema configurato dalla Legge Fornero.

Novità pensioni precoci e piano Renzi: l'INPS di Boeri vuole l'opzione uomo, meno soldi per tutti

Per ricostruire il tessuto di dichiarazioni rilasciate dal presidente INPS Boeri bisogna fare un passo indietro e andare sino al Forum HR 2015 dell'Abi tenutosi alcuni giorni fa: 'Io non sono favorevole alle staffette generazionali per legge, un'operazione così rischia di essere molto costosa e distorsiva, sarebbe meglio affidarla alla contrattazione decentrata'. Tradotto? Niente legge, meglio un semplice accordo tra lavoratori e imprese con tutte le conseguenze che la cosa comporta. In primis la possibilità di venire meno ai patti per la controparte più forte, in secondo luogo il mancato superamento di uno status quo che non è più sostenibile da un punto di vista sociale. Dichiarazioni queste che toccano il caso pensioni precoci ma anche tutte le altre categorie lavorative che in questi anni sono stati interessate da più di una vertenza previdenziale: 'Il sistema contributivo - ha proseguito Boeri - è sostenibile nel lungo periodo e per questo va difeso. Se le persone vanno in pensione prima, ci sarebbero dei disavanzi più bassi che se avessero continuato a lavorare. La possibilità di continuare a giocare sul bilancio temporale non è stata sfruttata durante la crisi e, per questo, credo che il governo dovrà andare alla trattativa comunitaria perchè ha le carte in regola per farlo'. Il problema è che si ragiona sempre e solo in ottica Stato, nessuno però degli attori in gioco si ferma un attimo a pensare ad altri elementi. Qualità della vita, stabilità economica e ottimismo per il futuro, elementi che di per se contribuirebbero a re-innescare il circuito economico. Se gli italiani risparmiano molto più di una volta un motivo ci sarà.



E qui torniamo a ieri, a quando cioè Boeri ha tenuto un'audizione in Commissione Lavoro. Il presidente dell'INPS ha parlato di un'opzione uomo riprendendo l'istituto rivolto alle donne. Con questo strumento le lavoratrici possono andare in pensione con 57 o 58 anni di età più 35 di contributi, per gli uomini Boeri vorrebbe invece un limite anagrafico di 62 anni. Le conseguenze? Assegni che in media saranno più bassi del 30-35%, per non contare il fatto che gente come i lavoratori precoci ha iniziato a lavorare a 15 o 16 anni. Ci vuole un attimo insomma per capire che anche con questo strumento gli si chiederebbe uno sforzo sovraumano, qualcosa come 45-46 anni di contributi. La soluzione per ovviare a tutto questo? Un'inversione di rotta seria che seppur in modo oculato conduca fuori dal dispositivo Fornero. Ma che lo faccia per davvero. Boeri ha infine commentato il dl Renzi sui rimborsi: 'Vorrei tranquillizzare i pensionati sul conguaglio delle rivalutazioni […] La mia impressione è che il documento dia una cattiva interpretazione del valore stesso del conguaglio'.