Il buon vecchio Curriculum Vitae con tanto di fotografia ed elenco dettagliato di competenze, esperienze e percorso di studi è destinato ad andare in pensione. Al suo posto è arrivato il mini-curriculum in cui ha la meglio chi riesce a raccontarsi in soli 140 caratteri. Ciò che serve per vincere e convincere, dunque, è il dono della sintesi. Dal 2014 ad oggi pare che già molte aziende abbiano deciso di affidarsi a Twitter per selezionare il proprio personale ed il fenomeno è decisamente destinato a crescere. Ma come riuscire a catturare l'attenzione delle aziende con soli 140 caratteri e quali sono le regole per utilizzare al meglio Twesume?
Twesume: le regole per convincere le aziende
Secondo gli esperti, è opportuno che si dedichinoaTwitteralmeno 5 minuti al giorno in modo tale da rimanere sempre aggiornati e, soprattutto, comprenderne in maniera approfondita le dinamiche. I caratteri che possono essere utilizzati non sono 140 ma 132. L'hashtag #twesume, infatti, riduce drasticamente la possibilità di sciorinare il proprio sapere. Dunque è opportuno riflettere in merito a ciò che si vuole raccontare alle aziende senza andare alla ricerca di artifici né, tantomeno, di espressioni mirabolanti. A tutti coloro che intendono trovare lavoro con Twesume, poi, si consiglia di aprire due profili differenti: uno personale ed uno dedicato, appunto, al portale.
In questo secondo profilo non devono apparirepostfuori luogo o compromettenti. Anche la foto deve essere accuratamente studiata. Sono banditi, dunque, i selfie e le 'pose plastiche'. Infine, è opportuno dimostrarsi interessati all'azienda senza inoltrare immediatamente la propria candidatura. Tutto, infatti, deve avvenire per gradi e nella maniera più naturale possibile.
Quale sarà il futuro del mercato del lavoro?
Senza alcun dubbio, i social network hanno radicalmente modificato la società ed anche la ricerca del lavoro sembra non essere affatto esente da tale fenomeno. Il timore è che con Twesume ed i suoi vari cloni presenti in rete si corra il rischio di spersonalizzare gli individui, costringendoli a cercare lavoro facendo appello al dono della sintesi.
Che si stia correndo il rischio di omologare le menti oltre che le personalità relegandole in 132 caratteri? Per adesso è difficile stabilirlo e, di sicuro, gli esperti di Twitter direbbero che le scelte delle aziende non vengono effettuate solo sulla base di un tweet ma, piuttosto, su un'analisi approfondita del profilo dell'utente che ha inoltrato la propria candidatura. Anche in questo caso, però, si potrebbe controbattere dicendo che tale meccanismo rischia di indurre gli utenti a creare un'immagine di sé efficace e funzionale ma molto poco realistica. Un'alternativa? Dare forma a selezioni step by step di cui il primo passo potrebbe essere rappresentato da Twitter. A questo punto, non resta che cercare di comprendere le evoluzioni di un mercato del lavoro sempre più social ed elitario.