Continua a tenere banco la flessibilità in uscita, la tanto agognata riforma delle Pensioni, la necessità di cancellare o modificare la Legge Fornero. La manifestazione che ha visto scendere in piazza a Roma i lavoratori per quota 41 ed opzione donna è solo uno degli eventi che accompagnano proprio la questione previdenziale. È di qualche giorno fa la lettera che i sindacati in versione unitaria hanno scritto al Governo affinchè la riforma delle pensioni venga presto affrontata. CGIL, CISL e UIL si sono detti preoccupati dello stallo che sembra esserci nell’Esecutivo sulla questione e nella loro comunicazione, hanno sottolineato alcuni punti per loro importanti da correggere.

Tutti sono consapevoli che la riforma va fatta, ma perché non si fa?

Le tre grandi sigle sindacali convergono su un punto sostanziale, la necessità di cambiare l’attuale Legge, la famosa Fornero. La preoccupazione però comincia a montare perché il Governo avrebbe dovuto mettere mani al capitolo previdenziale ad inizio 2016, ma nulla è stato fatto nonostante da tutti, il bisogno di riforma è ampiamente riconosciuto. Infatti, secondo la lettera dei sindacati, le donne, i giovani, i lavoratori saltuari ed i disoccupati sono tra quelli maggiormente vessati dalla Legge Fornero del 2011. La UIL sottolinea la pericolosità di questa Legge soprattutto per quanto riguarda la concessione degli assegni alle donne, che per venire erogati, devono essere pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale.

Secondo la UIL, questo costringerà molte lavoratrici a dover superare i 70 anni di età per andare in pensione. Nell’idea di riforma del sindacato inoltre, assume rilievo la necessità di cancellare il costo della ricongiunzione per i lavoratori che durante gli anni di lavoro hanno versato in diverse gestioni i propri contributi.

Nessuno poi deve dimenticare la questione della scuola, dove molti che dovevano uscire (quota 96), a causa degli inasprimenti voluti dal Governo Monti nel 2011, sono ancora al lavoro.

Esodati, usuranti ed altre urgenze

Una linea comune è che deve essere prevista dal nostro sistema previdenziale, la flessibilità in uscita. Tra i 63 ed i 70 anni di età, deve essere possibile poter andare in pensione con scelta da parte del lavoratore.

Insieme alla CISL, la CGIL spinge affinchè siano considerate le prerogative dei lavoratori precoci, dei lavoratori notturni o impegnati in attività usuranti ed i ferrovieri. Queste sono categorie che non hanno avuto nessun aiuto dalla Legge del 2011, anzi sono stati penalizzati ulteriormente dagli inasprimenti che non possono essere accettati proprio per le particolarità delle loro attività. La CGIL spinge inoltre per preparare una ennesima salvaguardia esodati (l’ottava), questa volta definitiva, per mettere la pietra tombale sulla questione oltre che cancellare per tutti gli innalzamenti di requisiti dovuti all’aspettativa di vita. Infine, il sindacato della Camusso si schiera in appoggio alla proposta della Commissione Lavoro della Camera e del suo Presidente, Damiano. La famosa uscita con 41 anni di contributi, senza penalizzazioni e indipendentemente dall’età anagrafica del lavoratore.