Qualche giorno fa il Premier Matteo Renzi era uscito con una idea shock, cioè elargire un bonus da 80 euro a tutti i pensionati con trattamenti fino a 501,89 euro, cioè le minime. In un momento in cui la riforma delle Pensioni e la flessibilità in uscita tengono banco nella discussione politica, per via delle difficoltà di liquidità per finanziarle, l’uscita del Premier fece molto rumore. Il problema è che nel DEF, il documento di Economia e Finanza del Governo, quello che mostra gli indirizzi economici e finanziari dell’attività di Governo per il prossimo triennio, non c’è traccia di alcuno stanziamento per il Bonus.

Anzi, sembra che alcune pensioni rischiano di nuovo di subire penalizzazioni proprio nell’ottica del risparmio.

Il Documento di Economia e Finanze e le pensioni

Molti erano in attesa che il DEF venisse reso pubblico, con la speranza che nei vari capitoli di spesa, ci fosse un qualcosa relativo alla riforma del sistema previdenziale nostrano, vessato ancora da una aspra Legge Fornero. Anche se pronosticabile, la speranza è diventata delusione perché spese in più per il tema delle pensioni, non ne sono state inserite nel documento. Niente stanziamenti per interventi sulle pensioni che quindi restano ferme a quanto stanziato con la Legge di Stabilità per opzione donna ed altri mini interventi che servono solo a tappare i buchi più urgenti.

Ma nulla significa anche che il bonus da 80 euro di Renzi, che la settimana scorsa ha fatto il giro del Web, delle TV e di tutti gli altri Media, potrebbe essere paragonato ad una bufala. L’operazione cara al Premier, vale 3 miliardi di uscite di denaro pubblico, uscite che avrebbero dovuto avere una traccia nel DEF. Ma dalle pensioni, il documento ormai definitivo per via del passaggio positivo in Consiglio dei Ministri, più che prevedere spese, cerca di recuperare fondi.

Quali pensioni rischiano?

Niente bonus da 80 euro alle pensioni minime, almeno che non si faccia un miracolotrovando 3 miliardi e legiferando con un decreto ad hoc (difficile). Per le pensioni più alte invece, si torna a parlare di blocco, tagli e sacrifici. Tra le pagine del DEF e del documento ad esso affiancato sulle riforme, sembra che il meccanismo di blocco della perequazione per il triennio 2014-2016, potrebbe essere prorogato di due anni, per recuperare, dal mancato adeguamento delle pensioni superiori a 1.550 euro al mese, un miliardo di euro nel biennio 2017-2018.

In parole povere, si torna a bloccare gli scatti relativi all’aumento del costo della vita delle pensioni a partire da quelle pari o superiori a tre volte il minimo. Si ripete quello che la Fornero fece nel 2011 con il famoso blocco che la Consulta, con una sentenza del maggio 2015, tacciò di incostituzionalità. Inoltre, sempre col DEF, anche se con un giro di parole si torna anche a “minacciare” le pensioni di reversibilità. Infatti, nonostante le smentite giunte quando nella Legge Delega sulla povertà, la pensione ai superstiti veniva trasformata da indennità previdenziale (definizione giusta perché basata sui contributi versati dal defunto), in assistenziale, alla stregua di un sussidio per poveri, nel DEF, sembra si torna a spingere per questo cambiamento.

Per il DEF, va inserito il meccanismo di “Universalismo Selettivo” per erogare prestazioni assistenziali e previdenziali. Anche se con un tecnicismo, la definizione sembra confermare la volontà di collegare le prestazioni, quindi anche la reversibilità, al reddito e quindi all’ISEE con rischi seri di riduzione di assegno e revoche degli stessi.