Sono già iniziate le polemiche sulla flessibilità in uscita che sarà concessa dal Governo ai lavoratori a partire dal 2017. Sì, l’APE sembra ormai in dirittura d'arrivo perché, a sentire le parole del sottosegretario Nannicini, ormai siamo ai dettagli e nella prossima Legge di Stabilità sarà inserito lo strumento. Quali sono i pro e i contro di questo nuovo istituto che sarà presente nel nostro sistema previdenziale? Ecco tutto quello che c’è da conoscere su questa novità e perché c’è il concreto rischio che diventi un ennesimo flop, come in passato lo sono stati altri provvedimenti di questo Governo, quali il TFR in busta paga e il part-time pensione.
Banche, assicurazioni e interessi
Possiamo dire che, la decisione presa dall'Esecutivo, non era proprio quello che lavoratori e futuri pensionati sognavano quando parlavano di flessibilità. Uscire dal lavoro in anticipo infatti, è il sogno di molti italiani vessati dall'attuale normativa. Ad oggi, il pensionamento per coloro che non hanno ancora 42 anni e 10 di contributi (requisito per la pensione anticipata) è fissato a 66 anni e 7 mesi di età (vecchiaia). Anzi, spesso accade che soggetti con oltre 42 anni di anzianità lavorativa non possano accedere alla pensione anticipata, perché l’Inps gli chiede di ricongiungere i propri contributi versati in diverse casse previdenziali pagando di tasca propria, con cifre che a volte sono vicine ai 100mila euro.
Poi ci sono le problematiche di chi, per questione di giorni, quando è entrata in vigore la Legge Forneronel 2012,si trovava senza lavoro, senza pensione, o nel giro di poco tempo ha visto una dilatazione dei tempi previsti per lasciare il lavoro, anche se il pensionamento era ormai vicino. Proprio ai "vessati", per così dire, “dell’ultim'ora”,i nati tra il 1951 e il 1953, sarà concessa l’APE nel 2017, provvedimento che dal 2018 verrà esteso anche ai nati fino a tutto il 1955.
Quindi, uscita a 63 anni e 7 mesi anziché 66 anni e 7 mesi, con una pensione pagata dall’INPS tramite capitali di una banca (per tutto l’assegno o per il 70%). La formula sarà il prestito con polizza assicurativa in caso di decesso del pensionato, e con il rimborso a carico dell'ex lavoratore, con trattenute del 15% sulle Pensioni future e per 20 anni.
C’è tempo per cercare di salvare il salvabile?
Ma le banche non prestano i soldi gratis, così come le assicurazioni non coprono alcun rischio senza un corrispettivo. Su chi graveranno le spese di quest'operazione finanziaria? Se è vero che l’APE è nata all’insegna del costo zero per le casse dello Stato che non può permettersi spese eccessive, sembra ampiamente pronosticabile che saranno i pensionati a restituire interessi e spese varie agli istituti di credito. Così, dopo aver versato contributi, essere arrivati ad un'età tale da meritare di andare in pensione, il Governo dice che l’unica via è quella di farsi prestare i soldi da una banca. Ma siamo sicuri che questo strumento avrà il giusto appeal tra i lavoratori?
Un dato certo è che, così facendo, aumenteranno i clienti delle banche, perché lieviteranno le operazioni di finanziamento concesse dagli istituti di credito con l'INPS nel ruolo di garante ed esattore al tempo stesso, quando arriverà il momento di restituire il prestito. Secondo Nannicini, per le pensioni di importo basso, non verrà applicata alcuna decurtazione di assegno, esclusa la rata di ammortamento del prestito. Inoltre verranno introdotte detrazioni fiscali maggiori, per fare in modo che si riesca a recuperare qualcosa in dichiarazione dei redditi (ma spesso le pensioni basse sono incapienti). Infine nessuna preoccupazione per gli eredi, perché nel caso di decesso del pensionato in anticipo, durante i 20 anni da "indebitato", i parenti non dovranno restituire nulla.
Tra il 23 e il 28 giugno è previsto un altro incontro sul tema, e la speranza è che questa specie di "tassa sulle pensioni" venga corretta, perché non è così che si cambia la Fornero, anzi, non la si cambia affatto.