Il dibattito sulle Pensioni, quello prodotto dalle varie riunioni tra Governo e parti sociali è andato in pausa per le vacanze estive nel momento in cui si iniziava a quantificare la spesa per le casse statali. I costi degli interventi previdenziali, le cosiddette coperture finanziarie. Il Governo aveva già pensato a 500 milioni o poco più a copertura dell’APE, mentre per i sindacati, oltre alla flessibilità vanno affrontati altri temi come i precoci, usuranti e ricongiunzioni, il tutto con una necessità a bilancio di 2,5 miliardi. Inoltre, l’inserimento nell’APE come risposta al bisogno di flessibilità del sistema previdenziale ha accantonato le proposte del Presidente Inps, Tito Boeri e del Presidente della Commissione Lavoro della Camera Damiano.

Il motivo? Gli alti costi che il Governo doveva sostenere per coprire economicamente le idee riformatrici dei due. Il Sole24Ore ha reso pubblica una analisi dell’UPB, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio che ha analizzato il costo delle varie opzioni.

A rimetterci sono i lavoratori

Secondo l’UPB, l’APE porterebbe vantaggi solo alle casse statali, non ai lavoratori che sarebbero penalizzati da questo nuovo strumento. Non è un mistero per nessuno che il Governo pensi all’APE perché è la soluzione migliore tra quelle studiate per conciliare conti pubblici e necessità dei lavoratori. Non potrebbe essere diversamente, per una misura che consente ai lavoratori di andare in pensione di vecchiaia con 3 anni di anticipo rispetto ad oggi, ma che eroga una pensione in prestito.

Infatti, la pensione, anche se pagata dall’INPS ogni mese, di fatto è anticipata ai lavoratori da un finanziamento bancario, finanziamento differito potremmo dire perché dopo i 3 anni di anticipo, il pensionato dovrà iniziare a pagare mese per mese la rate del prestito.

Alla fine dei conti, raggiunti i 66 anni e 7 mesi consoni e sufficienti per la pensione normale, ai pensionati resterebbe la rata come taglio alla pensione quasi a vita, essendo prevista la restituzione del prestito in 20 anni.

Operazione tutta a carico dei pensionati, sicuramente conveniente per il Governo che non spenderebbe nulla o quasi. Infatti, i soldi stanziati serviranno a finanziare la pensione per i soggetti disagiati e le pensioni più basse, con lo Stato che si accollerà l’onere della restituzione applicando ai pensionati delle detrazioni fiscali ad hoc che risponderanno all’esigenza di non impoverire ulteriormente soggetti già poveri.

Le soluzioni Damiano-Boeri quanto costavano in più?

Lo studio la cui sintesi è stata resa nota dal quotidiano, fa sorgere qualche dubbio sulle motivazioni che hanno portato ad accantonare le proposte Boeri e Damiano. Infatti, dando per scontato che l’APE sia a netto svantaggio dei pensionati, la proposta di Damiano, secondo lo studio, costerebbe subito 3 miliardi. Poco più dei 2,5 miliardi richiesti dai sindacati, a cui si aggiunge che, come più volte detto da Damiano, le spese immediate da sostenere nel breve periodo porterebbero risparmi nel lungo. Infatti la proposta di Damiano mirava a consentire l’uscita anticipata dei lavoratori a partire dai 62 anni con taglio di assegno del 2% per ogni anno di anticipo e senza ingresso delle banche nel sistema.

Inoltre, porte aperte alle prerogative dei precoci ed alla loro quota 41. Rispetto all’APE però erano necessari 35 anni di contributi e non 20, ma la proposta di Damiano era una proposta di pensione anticipata, l’APE si sposa con la classica pensione di vecchiaia.

Secondo lo studi, la proposta Boeri prevedeva delle cifre da stanziare immediatamente, come per l’APE, nella prossima Legge di Stabilità, di “soli” 650 milioni. La pensione pesantemente tagliata figlia del suo calcolo contributivo, portava a limitare la spesa per lo Stato e se si aggiungono il contributo di solidarietà chiesto alle pensioni ricche ed il taglio a vitalizi e pensioni d’oro, autentici cavalli di battaglia di Boeri, il risparmio sembra garantito.