L’ultimo incontro tra Governo e Sindacati sul tema previdenziale è stato completato venerdì 29 luglio. Il successivo previsto per il 5 agosto è saltato e tutto il discorso sulle Pensioni è stato rimandato a settembre, quando si tornerà dalle vacanze. Evidentemente, il lavoro è già allo stato avanzato, con provvedimenti quasi pronti che aspettano solo alcune limature. Nell’ultimo incontro si è passati dal parlare dei provvedimenti dal punto di vista tecnico alle questioni più economiche, cioè dei soldi da stanziare per la copertura di tutte le misure in cantiere.
A settembre gli appuntamenti che saranno messi in agenda dovranno per forza di cose chiudere il cerchio per poi inserire quanto stabilito nella Legge di Stabilità di ottobre.
Il punto dal punto di vista finanziario
La fase iniziale della discussione sulle pensioni e sugli interventi necessari per risolvere alcuni dei problemi previdenziali è stata caratterizzata dall’APE. Si tratta della risposta del Governo alle esigenze di flessibilità del mondo del lavoro in Italia. Con l’anticipo pensionistico, il Governo ha trovato una soluzione low cost al problema della pensione anticipata in barba alla Legge Fornero ed agli inasprimenti in termini di requisiti pensionistici che questa ha lasciato in eredità ai lavoratori.
Con l’APE, il Governo cerca chiaramente di agevolare di qualche anno (3 anni di anticipo) l’uscita dal lavoro di soggetti che si trovano vicini ai 66 anni e 7 mesi fissati dalla Fornero. Allo stesso tempo, l’Esecutivo, con questo strumento, deroga gli oneri finanziari dell’operazione ai lavoratori stessi, che devono accettare l’assegno erogato dall’INPS, ma sotto forma di prestito.
Infatti saranno le banche a finanziare l’operazione ed alle stesse i pensionati dovranno, una volta andati davvero in pensione con le regole Fornero, restituire l’anticipo con interessi ed oneri assicurativi. Per l’operazione il Governo pensava di stanziare tra i 500 ed i 600 milioni di euro, cioè il corrispettivo ad alcuni correttivi che intende mettere proprio sull’APE.
Si tratta delle spese per agevolare alcune categorie di soggetti il cui importo della rata sarebbe troppo duro da sopportare, cvuoi perché percepiranno una pensione minima o perché hanno situazioni familiari particolari (famiglie numerose, invalidità e così via). Per i sindacati invece le cifre da trovare dovrebbero essere di più, si parla di 2,5 miliardi di euro, perché per la previdenza, non basta l’APE, ma servono altri interventi.
Cosa potrebbe succedere?
Tra l’altro, gli interventi a cui pensa il Governo, effettivamente non si riducono solo all’APE. Ci sono le ricostituzioni da rendere gratuite, le prerogative dei precocia cui concedere un bonus contributivo per i versamenti durante la minore età, gli usuranti ed altre problematiche.
Evidente che 500 milioni siano pochi, ecco perché sembra che il Governo abbia intenzione di avvicinarsi alla cifra richiesta dai sindacati, altrimenti non si capirebbe la soddisfazione dei sindacati al termine dell’ultimo incontro. Il problema adesso sarà reperirle queste coperture, perché tutte le altre proposte passate, quella di Damiano, Boeri e così via, sono state respinte sempre per il problema coperture. È anche vero che quelle proposte che miravano a cancellare la Legge Fornero erano molto più costose, ma 2,5 miliardi sembrano sempre un gruzzoletto difficile da reperire stando alla situazione attuale dei conti pubblici. Se il Governo non reperirà i fondi necessari, probabile che l’APE non venga toccata e resti così il solo grande intervento previdenziale.
Anzi, si cancellerebbe l’ottava salvaguardia facendo confluire gli ultimi esodati da coprire nell’APE, a loro discapito come sempre. Anche per i precoci stesso discorso, senza soldi probabilmente si tornerà a parlare di quota 41 ma posticipandola al 2017.