La partita sul capitolo Pensioni, sugli interventi previdenziali da inserire in Legge di Stabilità per il prossimo ottobre, anche se in pausa per le vacanze estive, continua ad occupare le pagine dei quotidiani e degli altri media. L’appuntamento più importante è fissato per il prossimo 12 settembre, quando il Governo dovrebbe presentare il piano dettagliato di cosa vuole e può fare, ai sindacati. Nonostante le parole, le promesse ed i progetti in cantiere, le ultime notizie parlano di poche risorse a disposizione. Come non bastasse, anche i risultati della crescita, scadenti secondo le statistiche, spingono il Governo ad operare in altre direzioni che non sono quelle previdenziali.
Sembra di essere tornati allo scorso anno, quando dopo tante parole, in prossimità della Legge di Bilancio, si optò per interventi tampone sul campo pensionistico, posticipando all’anno successivo interventi più radicali, interventi che ad oggi ancora non sono stati messi a punto. Ma c’è chi, come la UIL, con uno studio mira a dimostrare come, a dire il vero le risorse già disponibili non siano poche.
In pensione anche a 62 anni
Secondo la UIL, uno dei tre sindacati che hanno partecipato agli incontri con l’Esecutivo e continueranno ad essere presenti ai prossimi, gli inasprimenti dei requisiti per andare in pensione oggi, quelli che ci ha lasciato la Legge Fornero hanno prodotto, pur se con molti sacrifici chiesti ai lavoratori, cose positive.
Il riferimento è ai risparmi che hanno avuto le casse pubbliche con lo slittamento in avanti dei requisiti pensionistici. Meno persone sono state mandate in pensione e meno spese ha avuto lo Stato, questo appare evidente. Per esempio, le richieste di pensione anticipata per chi svolge mansioni pesanti o notturne, i cosiddetti lavori usuranti, solo per l’anno 2011 sono state poco più di 11.000.
Richieste ma non pensioni erogate, perché queste scendono addirittura a 3.000 o poco più.
Significa che grazie alla rigidità delle nuove norme, le previsioni di spesa per questa tipologia di quiescenza siano state disattese, cioè si è risparmiato più della metà. Lo stesso discorso vale per la anticipata alle donne impegnate nel pubblico impiego che per via della costante ricerca di equiparare l’età di uscita tra uomini e donne, ha allontanato la pensione per il gentil sesso.
Tutti i risparmi ottenuti potrebbero tranquillamente essere destinati alla vera flessibilità in uscita, da concedere a 62 anni come indicato dal piano Damiano, senza l’ausilio delle banche e senza gravare pensionati e lavoratori di alcun onere o penalizzazione.
Fondi destinati ad altre cose
Parliamoci chiaro, nessun intervento previdenziale prodotto dai vari Governi, dal 2004 ad oggi è stato fatto creando un surplus di uscite di denaro pubblico, anzi. Ogni intervento previdenziale è stato fatto all’insegna del risparmio e del sacrificio chiesto agli italiani. Un anno di attesa in più per andare in pensione, significa soldi in meno cacciati dall’INPS e addirittura soldi in più incassati per via dei contributi che i lavoratori hanno dovuto continuare a pagare.
Secondo la UIL, un miliardo di euro sono presenti ed inutilizzati nel Fondo per i lavori usuranti. Oltre 2,5 miliardi inoltre, sono accantonati (stanziati e non utilizzati) per il Fondo politiche sociali e familiari. Ecco dimostrato come ci siano già 3 miliardi e mezzo che potrebbero benissimo confluire nel nuovo pacchetto previdenziale. Il problema è che molti di questi fondi, siano già stati destinati ad altre esigenze di bilancio dello Stato, esigenze non previdenziali. Dal punto di vista delle cifre, si potrebbe continuare all’infinito, con tutto ciò che si sta risparmiando sul flop del part time pensionistico, sul flop del TFR in busta paga e così via. Probabilmente sarà su questi temi che verterà la spinta dei sindacati ai prossimi appuntamenti fissati in agenda.