La Legge di Stabilità, o di Bilancio come è stata ribattezzata quest’anno è al vaglio della Commissione Europea che ne sta valutando attentamente i contenuti. Tra i 122 articoli di cui è composta la bozza di manovra finanziaria, il Governo ha lasciato spazio per i lavoratori statali, anche per la questione contrattuale rimasta appesa dalla sentenza della Corte Costituzionale del luglio 2015. Secondo fondi attendibili, come riportato anche dall’Agenzia Ansa oggi 28 ottobre, le cifre sono cresciute fino a 1,920 miliardi. Naturalmente non tutto servirà per lo sblocco dei contratti, perché le problematiche delle Pubbliche Amministrazioni sono molteplici, dalle nuove assunzioni in deroga al turnover, alla scuola, per finire con il riordino delle forze di polizia.

Il nodo contratto

Abbiamo citato la sentenza delle Consulta che nel 2015 bocciò lo stop alla perequazione del contratto dei Dipendenti Pubblici che ormai si protrae da oltre 7 anni. In seguito ci sono state numerose sentenze, ultima una di un Tribunale Siciliano (la città è Gela) che ha ribadito l’illegittimità del regime di sospensione delle trattative sul rinnovo del contratto. A più di un anno dalla pronuncia dei giudici costituzionalisti, il contratto è fermo e una trattativa vera e propria ancora non c’è. Per il 2017 la riforma della PA del Ministro Madia, si completerà con il Testo Unico, ma la pazienza per i lavoratori è davvero ridotta al lumicino. Le posizioni continuano ad essere distanti perché dei quasi 2 miliardi destinati in Legge di Bilancio al Lavoro nelle PA, solo 600 milioni sono dedicati allo sblocco del contratto.

Se a questi si aggiungono i 300 milioni stanziati nella Stabilità 2016 e i fondi a carico degli Enti Locali e delle Regioni, cioè altri 400 milioni, si arriverebbe ad un miliardo e 300 milioni. Poco rispetto ai 7 che chiedono i sindacati che inoltre sono fermi a chiedere lo sblocco dalla data della sentenza, cioè da luglio 2015 (il Governo partirebbe da gennaio 2016) ed il pagamento degli anni di vacanza contrattuale che sono dovuti ai lavoratori nel periodo di vuoto contrattuale cioè tra quello vecchio e quello nuovo.

Manifestazioni e Class Action

Il Governo in ottemperanza delle novità prodotte dalla riforma della Pubblica Amministrazione iniziata col Governo Berlusconi e l’allora Ministro Brunetta e che sarà completata dall’attuale Esecutivo, punta dritto sul tema della meritocrazia. Se 1,3 miliardi disponibili fossero suddivisi tra i dipendenti tutti (oltre 3 milioni) porterebbero nelle loro buste paga, aumenti vicini alle 30 euro al mese.

Gli aumenti diventerebbero più cospicui se si riducesse la platea di lavoratori a cui darli. Il vincolo della meritocrazia di cui tanto parla il Ministro Madia, insieme a quelli reddituali, cioè i dipendenti con stipendi più bassi, consentirebbero di erogare cifre maggiori ma a meno dipendenti. Si tratterebbe di estendere al rinnovo del contratto il meccanismo dei premi di produttività che non saranno più divisi a pioggia ai dipendenti, ma finiranno per la maggior parte, nelle tasche di quelli giudicati meritevoli. Ipotizzare questa soluzione come incostituzionale sembra legittimo, perché di fatto, per molti lavoratori, il blocco del contratto si protrarrebbe ancora per anni. Senza contare che a conti fatti, dipendenti vicini ai 26mila euro annui di stipendio, per via dell’aumento rischiano di perdere il bonus di 80 euro erogato da Renzi.

I sindacati sono sul piede di guerra, tanto che per il 12 novembre a Roma si manifesterà contro il blocco contrattuale e sarà solo la prima di altre azioni e contestazioni. Continuare con il braccio di ferro inoltre potrebbe essere deleterio per lo Stato, anche perché le nuove sentenze danno forza alla Class Action di Codacons che ha chiesto i danni per il Blocco a nome di 2.000 dipendenti. Sarebbe di € 10.800 a testa, l’entità del risarcimento chiesto dal Codacons, cioè quasi 35 miliardi se esteso a tutti i Dipendenti in organico nelle Pubbliche Amministrazioni.