Per una pausa caffè si può perdere il posto di Lavoro. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza nr. 25750 del 14/12/2016 la quale ha validato il licenziamento di un dipendente pubblico che si era assentato durante l’orario di lavoro senza ‘strisciare’ il proprio badge. Non stiamo quindi parlando di falsificazioni della presenza mediante timbratura del proprio cartellino da parte di un collega, ma di un’assenza temporanea come ad esempio un intervallo caffè o sigaretta non regolarizzato.

Pubblico impiego: la riforma Madia allarga la platea dei 'furbetti del cartellino'

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello avevano annullato il provvedimento disciplinare dando ragione al lavoratore in quanto quest'ultimo non aveva alterato o manomesso il sistema di controllo delle presenze. La riforma Madia, entrata in vigore successivamente al verificarsi dell'episodio contestato, ha però previsto che qualunque modalità utilizzata per alterare la propria presenza rispetto al normale orario di lavoro ha come conseguenza il licenziamento. Pertanto, come afferma la sentenza, la presenza sul luogo di lavoro è corretta solo se nel periodo compreso tra la timbratura dell'entrata e quella dell'uscita il dipendente si trova effettivamente al suo posto, mentre è da intendersi 'falsa e fraudolentemente attestata' e quindi sanzionabile se nello stesso periodo il lavoratore si allontana dall'ufficio.

Chi si assenta anche se per pochi minuti senza segnalare tale azione con il proprio badge, viene quindi equiparato a chi si fa timbrare da altri, un cosiddetto 'furbetto del cartellino'. In entrambi i casi il fatto costituisce un illecito sanzionato anche con la perdita del posto di lavoro. Sono diversi gli esempi di amministrazioni pubbliche che hanno regolamentato ultimamente tempi e modalità della pausa caffè, ma senza entrare nel dettaglio e nel merito delle stesse, di certo per godersi al meglio questo momento di relax è bene ricordarsi di timbrare il cartellino prima di uscire.