Una nuova stretta sul versamento degli stipendi di milioni di lavoratori italiani è stata presentata in questi giorni alla Commissione Lavoro della Camera. L'impianto principale del provvedimento riguarda la modalità del pagamento delle retribuzioni. In effetti, questi potranno essere versati soltanto presso un conto corrente bancario o postale intestato al titolare della busta paga. E con esso trovare una soluzione al proliferare di casi in cui il datore di lavoro utilizza pesantissimi ricatti nei confronti dei lavoratori. Per alcuni di loro la minaccia è il licenziamento o la non assunzione al termine del periodo di prova, se non accettano una retribuzione minore al minimo stabilito per legge.

La scelta dei lavoratori

La teoria dei parlamentari firmatari del provvedimento è quella di responsabilizzare sia il lavoratore che le aziende. Infatti, dopo la sua approvazione, la firma della busta paga da parte del dipendente non certificherà più l'avvenuto pagamento della retribuzione spettante. Questi dovrà comunicare al datore di lavoro la modalità del versamento, che potrà essere tramite bonifico bancario o postale, assegno o la riscossione del contanti presso un istituto di credito a sua scelta. Di conseguenza sarà vietato il pagamento in contanti o con un normale assegno. A tale proposito, il Governo stabilirà una convenzione con l'Associazione bancaria italiana e con Poste Italiane per individuare gli strumenti adatti e per tali operazioni.

Obblighi per il datore di lavoro

Il provvedimento in esame in Commissione obbligherà il datore di lavoro alla tempestiva comunicazione al Centro per l'Impiego di zona della avvenuta assunzione di un nuovo lavoratore. Inoltre, tutti i dati completi e forniti da quest'ultimo, che riguardano la scelta dell'istituto bancario o postale dove l'azienda verserà le dovute competenze.

Il legislatore ha voluto inasprire ulteriormente tali obblighi vietando l'annullamento dell'ordine di pagamento, che potrà avvenire solo se accompagnato dalla lettera di licenziamento o dimissioni del dipendente in questione.

Infine, le sanzioni, che per le aziende inadempienti si aggireranno tra i 5mila e i 50mila euro.