Siamo abituati a vivere l'otto marzo come il giorno della festa della donna. Raccogliamo una mimosa e ci presentiamo al cospetto delle donne, per celebrare un evento che in molti vivono come una sorta di San Valentino bis. Dimentichiamo che storicamente è una giornata di mobilitazione.

In pochi ricordano la grande manifestazione avvenuta il giorno 8 marzo 1917, quando le donne hanno sfilato per le vie di San Pietroburgo, chiedendo la fine della prima guerra mondiale. Quella mobilitazione è il preludio della Rivoluzione Russa di febbraio. Anni dopo, durante la seconda conferenza internazionale delle donne comuniste, tenutasi a Mosca il 14 giugno 1921, l'otto marzo viene fissata come "Giornata internazionale dell'operaia".

Negli ultimi cento anni, questo giorno appartiene alle donne di tutto il mondo.

8 Marzo 2017: sciopero globale delle donne

La manifestazione del 26 novembre 2016 a Roma "Non una di meno", ha rilanciato le mobilitazioni italiane contro il femminicidio. Il nome nasce in riferimento alle iniziative delle donne argentine e sud americane, che al grido "ni una menos", hanno sfilato per chiedere la fine della violenza maschile sulle donne. Il 4 e 5 febbraio 2017 si è tenuta a Bologna l'assemblea nazionale del movimento "Non una di meno", dove circa 1400 donne provenienti da tutta italia, hanno discusso in otto tavoli tematici l'attualità della questione femminile in Italia.

In quelle giornate si è deciso di lanciare per l'otto marzo uno sciopero nazionale, dislocato nei singoli territori, con un forte richiamo globale.

Previsto anche lo sciopero di treni, autobus, metro e aerei per questo 8 marzo 2017 (orari e informazioni). Secondo un recente studio dell'Eures, istituto di ricerche economiche e sociali, negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740. La maggioranza di questi femminicidi, avvengono in famiglia e all'interno della coppia.

Perchè le donne italiane scioperano

In brave, la piattaforma rivendicativa è divisa in otto punti: rifiuto della trasformazione dei centri anti violenza in servizi assistenziali. I centri devono rimanere spazi laici ed autonomi di donne;piena applicazione della Convenzione di Istanbul, contro ogni forma di violenza maschile sulle donne;richiesta dell'aborto libero, sicuro e gratuito;richiesta di un reddito di autodeterminazione e un welfare per tutte e tutti; contro ogni frontiera: per un diritto di asilo, di cittadinanza e di Ius Soli; per un percorso costante di educazione alle differenze, dall'asilo all'università; per la creazione di spazi politici territoriali femministi e antisessisti; rifiuto dei linguaggi mediatici sessisti e misogini.