Per l’incontro di ieri tra Governo e sindacati in materia previdenziale, c’era grande attesa. Si doveva parlare dei decreti attuativi di APE e Quota 41 per i precoci e della fase 2 della riforma previdenziale che è al centro della trattativa. I commenti immediatamente successivi all’incontro parlano di un summit interlocutorio e di un prossimo appuntamento fissato per il 13 marzo. Niente di fatto quindi per chi auspicava sostanziali novità dall’incontro, ma qualcosa è stato fatto. Il Governo ha illustrato alcuni dettagli dei decreti su cui sta lavorando e che presto saranno varati ed ha risposto ad alcune istanze dei sindacati che hanno presentato un documento unitario.

Ecco in sintesi il lavoro di ieri e cosa è stato deciso.

Sui lavori gravosi si aprono nuovi scenari

Il lavoro gravoso è una novità della Legge di Bilancio che è entrata in vigore lo scorso 1° gennaio. Diverse categorie di lavoratori (per l’esattezza 11) impegnati in lavori particolarmente logoranti sono soggetti a cui il Governo ha deciso di destinare un trattamento agevolato in termini di pensione. APE e quota 41 sono destinati, tra gli altri anche a loro, che potranno sfruttare a partire dal 1° maggio, l’uscita con 41 anni di contributi senza limiti di età (quota 41) o quella a partire dai 63 anni di età e con 36 di contributi versati (APE sociale). Le categorie di lavoratori sono:

  • edili
  • maestre di asilo
  • personale di assistenza a soggetti non autosufficienti
  • camionisti
  • conducenti di treni
  • addetti alle pulizie
  • infermieri ed ostetriche delle sale operatorie
  • gruisti
  • conciatori di pelli
  • facchini
  • operatori ecologici

Un documento che il 28 dicembre i gruppi di lavoratori precoci hanno consegnato al Consigliere Economico del Premier Gentiloni, Marco Leonardi, chiedeva l’ampliamento delle platee di lavoratori considerati tali.

Lo stesso hanno fatto i sindacati ieri, perché si chiedeva di ampliare la definizione e di renderla in linea con la mansione del lavoratore e non con l’ambito aziendale. In parole povere, bisogna considerare bene quali soggetti svolgono attività davvero logoranti e non ridurle ad un settore. Una anomalia legislativa sarebbe considerare gravoso per esempio un soggetto che rientra come contratto nel settore edile, ma che per esempio svolge mansioni di ufficio anziché salire sui ponteggi.

Il Governo ha accolto positivamente l’idea e potrebbero esserci novità nei decreti attuativi proprio in relazione a questi nuovi aspetti.

Continuità lavorativa

Un altro appunto mosso dai sindacati è sulla continuità lavorativa negli ultimi 6 anni richiesta proprio ai lavoratori impegnati in attività gravose. Un paletto che, tornando all’esempio degli edili, lascerebbe fuori molti di loro.

Nell’edilizia, i contratti nascono e muoiono con l’apertura e chiusura di un cantiere. Una attività questa che è soggetta anche alle condizioni climatiche e che porta i lavoratori ad essere soggetti a continue richieste di cassa integrazione o di disoccupazione nei periodi invernali. Chiedere a costoro di dimostrare di avere 6 anni di lavoro senza interruzioni, prima di presentare istanza di Ape sociale o quota 41, significa di fatto tagliarli fuori dalle uscite anticipate che prevedono le due misure. Il Governo ieri ha aperto a prevedere una franchigia per detonare questo vincolo, anche se non è stato detto nulla circa il funzionamento della stessa. Infine, nessun accenno in risposta ad altri dubbi sollevati dalle parti sociali circa i lavoratori che fuoriescono da contratti a termine o agli autonomi, che di fatto non possono rientrare tra i beneficiari di Ape e quota 41.

Infine, sollevati ancora dubbi sull’APE volontaria che è soggetta troppo a quanto decideranno le banche e le assicurazioni, soggetti esterni all’INPS e che lavorano in ottica di mercato piuttosto che in ottica previdenziale. Un problema che renderà poco appetibile l’APE volontaria e probabilmente la farà diventare l’ennesimo flop delle misure pensionistiche, come TFR in busta paga o Part-time pensionistico.