Siamo quasi ad un mese dal 2 marzo, la data in cui dovevano essere emanati i decreti attuativi di APE e Quota 41, le due grandi novità del panorama previdenziale italiano, inseriti nell’ultima Legge di Bilancio. Proprio la manovra finanziaria e la sua entrata in vigore stabilivano il 2 marzo come data di uscita degli atti di attuazione delle misure. La norme infatti, prevedono che i decreti escano entro 60 giorni dall’entrata in vigore della manovra di bilancio. Dopo i tanti e ripetuti incontri tra Governo e sindacati e dopo una serie innumerevole di rinvii, i decreti sono ancora fermi al palo.
Tutto posticipato alla prossima settimana
Oggi 31 marzo, alle ore 11 è convocato un Consiglio dei Ministri. Indiscrezioni degli ultimi giorni davano i decreti attuativi di cui parlavamo in premessa come calendarizzati proprio per la riunione di oggi. Dall’ordine del giorno del consiglio dei Ministri odierno, però, non c’è alcuna traccia di questi atti che canalizzano l’attesa di milioni di italiani. Salvo inserimenti dell’ultima ora, sembra probabile che questi decreti vengano spostati ai prossimi appuntamenti, presumibilmente la prossima settimana. La preoccupazione è che non si faccia in tempo a completarli, dal punto di vista del loro iter, perché dopo la loro emanazione, questi atti devono passare alla valutazione di Corte dei Conti e Consiglio di Stato.
Intanto, la data di partenza delle misure resta fissata l’ormai vicino 1° maggio e dal Governo fanno sapere che non c’è alcuna preoccupazione circa il regolare avvio delle misure.
I punti di criticità che non permettono l’emanazione dei decreti
Anche se ufficialmente non vengono spiegati i motivi per cui questi atti stentano ad essere avviati, appare evidente la motivazione di questi ritardi.
I punti critici delle due misure sono sempre gli stessi e sono quelli che i sindacati continuano a sottolineare pubblicamente. Le mansioni gravose che sono state inserite in Legge di Bilancio sono 11 e la loro esatta individuazione è uno dei punti più dibattuti negli incontri con le parti sociali. I lavoratori impegnati in queste attività logoranti godranno, alla luce delle due nuove misure che partiranno a maggio, di una uscita agevolata dal lavoro.
Sia quota 41 (per i precoci) che l’APE nella sua versione assistenziale, hanno canali di uscita agevolata per i soggetti impegnati in queste attività pesanti. L’indirizzo iniziale del Governo è quello di applicare le novità a macchia d’olio per tutte queste attività lavorative, cioè in base al ramo dell’azienda. Il correttivo che si va a studiare sposterebbe la valutazione di lavoro gravoso dal settore dell’azienda per cui prestano servizio i lavoratori alla mansione effettivamente svolta dagli stessi. L’esempio più comune è il lavoratore edile, che svolge attività gravosa se in azione nei cantieri e non se impiegato in attività d’ufficio. Un altro tassello su cui il Governo lavora è la franchigia di 12 mesi da scontare rispetto ai 6 anni di continuità lavorativa richiesta sempre per i lavori gravosi.
Sempre per gli edili, questo paletto, impedirebbe a molti di accedere a quota 41 o APE sociale. I 12 mesi di sconto servirebbero a rendere meno pesante il vincolo, eliminando i ripetuti periodi di disoccupazione o cassa integrazione a cui i lavoratori edili sono soggetti.