Le ultime indiscrezioni o dettagli che provengono dal Governo e che riguardano i decreti attuativi per l’Anticipo Pensionistico, non sono certo buone notizie. Il decreto attuativo dell’APE, che è già pronto (almeno secondo le dichiarazioni del Governo) per essere trasmesso al Consiglio di Stato ed alla Corte dei Conti, lancerà la misura dal 1° maggio. Il Governo tranquillizza tutti circa il paventato rischio di rinvio del via alla misura, nonostante il sensibile ritardo con cui si stanno emanando i decreti attuativi delle misure dell’ultima Legge di Bilancio.

Nei decreti però non uscirà niente di nuovo dal punto di vista dell’estensione della platea dei possibili aventi diritto all’APE. I correttivi alla misura, se mai saranno fatti, entreranno con tutta probabilità nella prossima manovra finanziaria. Questo vuol dire che il perimetro di applicazione dell’APE rimane abbastanza ristretto.

L’APE volontario

L’APE altro non è che un prestito oneroso erogato dall’INPS sotto forma di pensione. Per la prima volta, nel panorama previdenziale italiano, di norma incentrato due soggetti, cioè l’INPS che eroga le Pensioni e il pensionato che la riceve, entrano in scena soggetti terzi. Il prestito infatti viene erogato materialmente da una banca e viene elargito in 12 mensilità annue al lavoratore che chiede di andare in pensione in anticipo.

Si parte a 63 anni minimo ed il prestito dura fino ai 66 anni e 7 mesi di età, quelli utili per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Da quel momento, il pensionato inizierà a percepire la sua pensione di vecchiaia da 13 mensilità annue e proprio sulla sua pensione, l’INPS tratterrà le rate mensili del prestito ottenuto durante l’anticipo.

Naturalmente con interessi e spese assicurative contro il rischio premorienza. La durata di quello che in termini finanziari viene definito ammortamento sarà di 20 anni, fino ad 86 anni e 7 mesi.

Tutti i vincoli

Per l’APE volontario servono 20 anni di contributi versati, senza considerare quelli figurativi. La pensione sarà calcolata con il metodo contributivo, cioè il suo importo sarà in base ai contributi versati all’atto della presentazione della domanda.

Importante la componente reddituale del pensionato, anche l’importo della pensione futura. Infatti, l’APE potrà essere richiesta solo da quei pensionati che riusciranno ad ottenere una pensione futura di almeno 702.65 euro al netto della rata del prestito. In pratica, chi per via dell’APE e della rata di prestito futura avrà una pensione inferiore ad 1,4 volte il trattamento minimo previsto dall’Istituto, non potrà beneficiare dell’anticipo. A questo va aggiunto il vincolo delle eventuali altre trattenute presenti sulla pensione, come possono essere prestiti personali o cessioni del quinto. In parole povere, il reddito futuro del pensionato che oggi va a richiedere l’APE non potrà avere trattenute, compresa la rata del prestito pensionistico, superiori al 30%.

I troppo indebitati quindi resterebbero tagliati fuori dall’APE volontario. Per questi andrebbe valutata la possibilità di accedere all’APE a costo zero, quella sociale. In questo caso però, bisogna prima di tutto centrare requisiti più stringenti, a partire da quelli contributivi. Servono 30 o 36 anni di contributi per la versione assistenziale di anticipo. Sono 30 anni per disoccupati ed invalidi (anche a carico) o 36 per le 11 attività gravose previste dal Governo. Parlavamo di paletti ed anche l’APE sociale ne ha tanti. Per i disoccupati è necessario essere da 3 mesi senza ammortizzatori sociali. Per gli invalidi serve avere il 74% di disabilità accertata, anche nel caso di soggetti invalidi a carico del richiedente l’APE.

Per i lavori gravosi, oltre all’anno di contributi centrato prima dei 19 anni di età, serve aver lavorato in una delle attività logoranti, per 6 degli ultimi 7 anni prima della presentazione delle istanze di anticipo.