Con l’approvazione da parte della Camera del decreto voucher, continua l’iter del provvedimento che abroga definitivamente i buoni Lavoro. Il tagliando usato per il lavoro occasionale ormai ha le ore contate. Dopo la Camera, si attende l’ok del Senato per portare a termine l’operazione, come previsto, entro il 16 maggio. Ma cosa cambierà per tutti quei lavoratori che in questi anni, si sono visti retribuire con questi voucher? Ecco le soluzioni a cui si pensa e cosa accadrà nel prossimo futuro.
Nessun rischio di vuoto normativo
In materia voucher sono da registrare le dichiarazioni del Capogruppo alla Camera, di Area Popolare-Nuovo Centro Destra Maurizio Lupi che ha confermato come, alla data di abrogazione prevista per i voucher, si avranno già le nuove soluzioni alternative ai buoni lavoro.
Innanzitutto, nella fase di transizione, ci sarà una deroga ai tagliandi già richiesti entro la data di entrata in vigore del decreto. In pratica, per tutti i voucher già richiesti entro il 17 marzo, ci sarà tempo per utilizzarli fino al 31 dicembre 2017. Proprio dal Gruppo AP-NCD che fa capo ad Alfano, arriva una proposta di Legge che mira a stabilire le soluzioni che sostituiranno i voucher nel loro utilizzo. Una proposta che secondo i promotori, deve essere approvata entro il 15 maggio, proprio in virtù della conversione in Legge del decreto voucher, prevista per il giorno dopo.
Ecco le soluzioni
Il voucher, anche se utilizzato e sfruttato in maniera non consona in questi anni, rappresentava sempre un modo per garantire disoccupati e precari dallo sfruttamento del lavoro nero e dell’evasione fiscale, fenomeni che con il lavoro occasionale trovavano terreno fertile.
Al posto dei voucher, la proposta di legge intende istituire i buoni famiglia. Si tratta di buoni ad ore da €12 che andrebbero utilizzati per le prestazioni di lavoro occasionale presso le famiglie o presso le associazioni di volontariato. Il limite al loro utilizzo sarebbe di 2.000 euro per anno, nel caso l’attività lavorativa sia prestata per un solo “datore di lavoro”.
Salirebbe a 7.500 euro all’anno in caso di pluralità di committenti. Naturalmente i buoni sarebbero nominativi, datati e numerati in maniera progressiva. Potrebbe nascere anche il lavoro a chiamata, senza distinzioni di aree lavorative, età dei lavoratori o settori economici. Un lavoro che si applicherebbe sia a contratti a termine che a contrati a tempo indeterminato, con un tetto massimo di 400 giorni di lavoro in 3 anni.
Il lavoratore che sottoscrive un contratto di lavoro a chiamata, si dichiara disponibile a lavorare quado convocato restando in attesa. Proprio la disponibilità data dal lavoratore all’azienda, verrebbe coperta da una indennità di attesa erogata al lavoratore stesso. Infine, si valutano i mini contratti, cioè si darebbe a lavoratori e aziende la possibilità di stipulare contratti di lavoro subordinati, con fasce orarie ridotte e arco temporale pre-determinato. In questo caso, il tetto massimo sarebbe di 500 ore di lavoro o 70 giorni. Alla stregua del buono famiglia, il costo sarebbe di 12 euro a buono e sempre nel limite massimo di 7.500 euro annui di reddito. Dal punto di vista fiscale queste soluzioni sarebbero agevolate, con la totale esenzione dall’Irpef per il lavoratore. Per il datore di lavoro invece, versamenti INAIL ed INPS ridotti rispettivamente al 7 ed al 13%.