In occasione di un'iniziativa di Coldiretti nella mattina di questo 1° giugno a Roma, Blasting News ha intervistato in esclusiva Domenico De Masi, Professore di Sociologia del Lavoro presso l'Università “La Sapienza” di Roma e recente autore del libro "Lavorare gratis, lavorare tutti. Perché il futuro è dei disoccupati". Ecco che cosa ci ha detto.
'Lavorare gratis, lavorare tutti. Perché il futuro è dei disoccupati'
Professor De Masi, nel suo libro si sostiene che lavorando gratis sarebbe possibile lavorare tutti, abbattendo quindi la disoccupazione, può spiegarci come sarebbe possibile?
"Ve lo spiego facilmente: iniziamo dal fatto che in Europa abbiamo una varietà di lavoro assai ampia, guardando i due paesi più industrializzati a noi vicini notiamo che in Francia un lavoratore ogni anno fa in media 1500 ore di lavoro, in Germania ne fa 1400, mentre in Italia siamo in media a 1800 ore ovvero molto di più. Siamo a un dislivello enorme, è chiaro quindi che la Germania ha il 5% di disoccupati e la Francia ha il 9%, mentre noi oscilliamo fra l'11 e il 12%. Vi è poi un altro fatto: solo il 37% dei giovani italiani fra i 19 e i 25 anni studia all'Università, mentre negli altri due paesi stanno al doppio. I fattori di disoccupazione italiana sono quindi due: gli orari di lavoro sono troppo lunghi (spesso a fronte di salari più bassi) e pochi giovani studiano.
Il problema è quindi convincere gli occupati a cedere ai disoccupati un po' di lavoro, per esempio il 10% che sarebbero 4 ore su 40 alla settimana, oltre a convincere il Governo a investire davvero in università e ricerca".
Professore, ma come fa un disoccupato a convincere gli occupati a fare una scelta del genere?
"Ormai siamo arrivati al paradosso che il padre lavora 10 ore al giorno e il figlio non fa niente, mentre una equa suddivisione fra i due garantirebbe una vita più sostenibile ed equilibrata per entrambi.
Che possibilità ha un disoccupato per lottare contro questo stato di cose? Beh, chi ha un lavoro storicamente lotta contro il suo padrone astenendosi dal lavoro con lo sciopero, un disoccupato che non lavora mai invece ha come unica forma di lotta quella di lavorare: siccome nessuno lo vuole come dipendente lavori gratis. Naturalmente non in eterno, anzi sono contrarissimo al lavoro gratis, ma come strumento di lotta: vi è chi sciopera per 2 o 3 giorni?
Bene si organizzino manifestazioni nazionali in cui per 2 o 3 giorni tutti i disoccupati lavorano gratis. In Italia ci sono 3 milioni di disoccupati espliciti e altri 3 milioni di inattivi. Ecco se per alcuni giorni 6 milioni di persone lavorassero gratis il mercato del lavoro sbancherebbe e gli occupati sarebbero costretti a venire a patti coi disoccupati e a ridurre il proprio orario di lavoro. I numeri dicono che in Italia abbiamo 23 milioni di occupati che lavorano un totale di 40 miliardi di ore all'anno, se questo monte ore lo dividessimo per gli orari francesi avremmo 5 milioni di posti di lavoro in più, se lo dividessimo per quelli tedeschi sarebbero quasi 9 milioni, quindi potremmo dare lavoro addirittura anche a tanti immigrati, facendo il bene nostro e loro".
'La riduzione dell'orario di lavoro è meno velleitaria del Reddito di Cittadinanza'
Ma non crede che una cosa del genere richiederebbe un intervento legislativo? Noi stessi abbiamo di recente intervistato il Ministro Poletti che ha definito "velleitaria" la riduzione dell'orario di lavoro...
"Intanto vorrei dire che questa riduzione dell'orario di lavoro non deve corrispondere necessariamente agli stessi salari, i salari potrebbero anche scendere proporzionalmente. Vede, i salari non dipendono dalle ore di lavoro ma dalla produttività e noi in Italia abbiamo una produttività bassissima proprio perché lavoriamo di più. Il Ministro Poletti dovrebbe capire una cosa che Ford aveva intuito oltre un secolo fa: meno si lavora e più si è produttivi, lo dimostra la Germania che ha una produttività molto più alta di noi.
E questo è vero in particolare nei lavori intellettuali (che in Italia sono ormai i 2/3 del totale). Nessuno dice mai che nel 2001 (con Berlusconi premier e Maroni ministro del Lavoro) l'occupazione in Italia era al 57,1%, nel frattempo c'è stata la Legge Biagi, l'eliminazione dell'Irap, il Jobs Act, l'abolizione dell'articolo 18 e nonostante tutto, e oggi dopo 16 anni l'occupazione è identicamente ancora al 57,1%. Insomma Poletti dovrebbe capire che qualcosa è avvenuto in modo sbagliato e qualche responsabile ci sarà".
La più elevata produttività che comunque c'è stata negli ultimi decenni può a suo avviso creare le condizioni per un Reddito di Cittadinanza?
"Il Reddito di Cittadinanza è una soluzione intermedia e transitoria fino a quando non si risolve il problema dell'occupazione.
Se a un disoccupato trovassimo lavoro domani è evidente che tale strumento non servirebbe, mentre se gli proponiamo di trovare lavoro fra 2 o 3 anni è chiaro che qualcosa dovrà pur mangiare... Io però penserei non a un "reddito minimo" come vogliono i grillini, ma a un vero Reddito di Cittadinanza dato a tutti e non solo ai poveri, ma anche ai ricchi. Il motivo è semplice: ci sono 6 milioni di poveri e se devo sceglierne alcuni meritevoli e altri no, dovrei creare dei carrozzoni immensi di persone che stanno a giudicare, il tutto sarebbe ancora più costoso in termini di denaro e di tempo, ma nel frattempo il disoccupato continua a morire di fame. Insomma bisogna tagliare la testa al toro sperando che i ricchi non ne approfittino.
Sia chiaro, il tutto deve durare per meno tempo possibile e nel frattempo Governo e sindacati dovrebbero accordarsi per ridurre l'orario di lavoro. Questo non è velleitario, lo fanno anche Francia e Germania, semmai è più velleitario il Reddito di Cittadinanza che è solo un modo per traghettare il giovane senza lavoro. Prima si riduce l'orario di lavoro e prima cessa questo reddito. Bisognerebbe spiegarlo bene anche a Papa Francesco che di recente ha criticato il Reddito di Cittadinanza che probabilmente non conosce, ma poi poco dopo ha detto che chi è senza lavoro deve pur avere qualcosa: evidentemente lo Spirito Santo lo ha indirizzato sulla via del bene".