Sulla scadenza per la flessibilità previdenziale indicata in LdB2017 e la prosecuzione dell'APE sociale arriva un richiamo da parte del Presidente della Commissione lavoro Cesare Damiano, il quale definisce il nuovo anticipo pensionistico come un provvedimento "nella giusta direzione". Secondo il Parlamentare, l'opzione di prepensionamento "andrà resa strutturale, superando la prevista sperimentazione in vigore soltanto fino al 2018". All'interno della propria nota, l'esponente della Camera etichetta come un importante passo in avanti anche la firma dei primi due decreti attuativi (sull'APE sociale e sulla Quota 41 per i lavoratori precoci) da parte del Premier Gentiloni, evidenziando che "ora decine di migliaia di lavoratori potranno accedere all'Inps a partire dai 63 anni".

Riforma pensioni, attesa per le altre misure in via di approvazione

Se l'APE sociale e la Quota 41 rappresentano il punto di inizio della nuova operazione di flessibilità previdenziale, altre misure previste dal verbale dello scorso settembre attendono di essere approvate definitivamente. Al riguardo, l'On Damiano chiede al Governo di risolvere la situazione attraverso "un intervento tempestivo", ricordando che le opzioni di prepensionamento non vanno solo in favore dei lavoratori in età avanzata, ma anche dei più giovani. Quest'ultimi possono infatti vedere finalmente ripartire il processo di ricambio generazionale. "Lo diciamo con soddisfazione" prosegue il Parlamentare democratico, ricordando la necessità di dare "ai giovani il lavoro, agli anziani la pensione".

Tra le misure attese con più urgenza, un riferimento particolare va poi all'APE volontaria, per la quale "non è stato ancora approvato il relativo decreto attuativo".

Flessibilità previdenziale e FASE 2: il contributivo? Un meccanismo infernale

Per quanto concerne invece la pensione dei più giovani, il Presidente della Commissione lavoro punta il dito contro il sistema di calcolo contributivo, definendolo come "un meccanismo infernale e assurdo per gli assegni calcolati con il metodo puro".

Il riferimento va alle forti penalizzazioni che si troveranno a subire i giovani iscritti all'Inps a partire dal primo gennaio del 1996. In questo caso la legge prevede infatti che il calcolo del futuro assegno risulti legato all'applicazione dei coefficienti di conversione in rendita in vigore al momento della quiescenza, applicati al montante accumulato.

Di fatto, senza ulteriori correttivi i giovani si troveranno ad andare in pensione tardi e con redditi bassi. "La prima uscita è dai 63 anni con almeno 20 anni di contributi", ma solo a patto di avere un assegno superiore alle 1300 € lorde al mese. Un importo difficile da raggiungere per le nuove generazioni. "Il secondo scalino arriva all'età di vecchiaia", ma anche in questo caso sarà necessario avere un assegno uguale o superiore ad 1,5 il minimo sociale; diversamente si dovranno attendere i 70 anni.

Le proposte di correzione per i giovani

Stante la situazione appena descritta, l'On Damiano ha chiuso il proprio intervento ricordando le proposte correttive avanzate assieme all'On Gnecchi in merito alla situazione previdenziale dei giovani.

Si parte dall'abbassamento del vincolo relativo alla prima uscita ad 1,5 volte l'assegno minimo erogato dall'Inps. Mentre sui futuri redditi previdenziali si prosegue con la proposta di introdurre una pensione di garanzia destinata a supporto di chi si trova inserito nel contributivo puro. Come da nostra prassi, restiamo a disposizione dei lettori nel caso desiderino aggiungere un nuovo commento nel sito. Mentre per ricevere le prossime notizie di aggiornamento sulle pensioni vi ricordiamo di usare la comoda funzione "segui" che trovate in alto, vicino al titolo dell'articolo.