Secondo i dati statistici in materia previdenziale circa sei milioni di persone sono state vittime del blocco dell’indicizzazione delle Pensioni negli anni 2012 e 2013.

L'indicizzazione delle pensioni

L’indicizzazione è quel meccanismo che adegua annualmente le pensioni, all’aumento del costo della vita. In pratica, le pensioni vanno adeguate al tasso di inflazione annuale certificato dall’Istat. Se calcoliamo che, dati alla mano, in Italia ci sono oltre 16 milioni di pensionati, la vicenda interessa il 36% di questi pensionati, quindi una considerevole fetta di cittadini.

Per l’ennesima volta è stata chiamata la Consulta ad esprimersi sulla presunta incostituzionalità non tanto del blocco della perequazione (la Corte Costituzionale si è già espressa al riguardo), ma piuttosto del bonus Poletti, che doveva risarcire i pensionati vessati dalla mancata indicizzazione.

La storia in sintesi

Il 30 aprile 2015, la Corte Costituzionale, con la sentenza 70, ha riconosciuto come illegittima e incostituzionale una delle norme inserite nel decreto “Salva Italia” del Governo Monti. Si trattava della norma Fornero che chiedeva un sacrificio a molti italiani e soprattutto a molti pensionati.

Il sacrificio in questione era il blocco della perequazione per quel biennio, una sospensione dell’indicizzazione che ha causato un crollo del potere di acquisto delle pensioni e una grave perdita economica per questi pensionati, il tutto sull’altare della grave crisi economica di quegli anni e dello spread impazzito.

Le pensioni interessate dal blocco erano tutte quelle a partire da 1.088 euro di pensione netta.

La sentenza della consulta costrinse il Governo Renzi a prevedere un rimborso ai pensionati vittime della Fornero. L’operazione, meglio conosciuta come bonus Poletti, ha erogato un rimborso forfettario e una tantum ad agosto 2016 per alcuni di questi pensionati.

Le scarse risorse economiche di cui disponeva allora il Governo Renzi, hanno però consentito di erogare rimborsi solo alle pensioni più basse tra quelle bloccate dal decreto Salva Italia.

Inoltre, stando alle lamentele dei sindacati e delle associazioni che seguono questi pensionati, il bonus erogato non è servito a sanare del tutto l’ammanco per i pensionati che hanno ricevuto l’una tantum.

In pratica, ad alcuni pensionati dovrebbero ricevere ancora parte del rimborso e altri il rimborso in toto.

Aperte le adesioni al ricorso

Adesso, sotto la lente di ingrandimento dei giudici costituzionalisti è finito proprio il bonus Poletti. Il 24 ottobre la Corte Costituzionale dovrà valutare i ricorsi contro il decreto legislativo 65 del 2015, cioè proprio il bonus. Sul Web è attivo il sito rimborsopensioni.it, nato proprio per aiutare quanti siano stati vittima del blocco, aperto alle adesioni al ricorso fino al 31 luglio.

Secondo esponenti del sito, entro la scadenza si conta di superare le 17mila adesioni, proprio perché il decreto legislativo 65 non ha affatto risolto la questione, ma anzi ha differenziato ancora di più i pensionati di fronte ad un diritto sacrosanto e di tutti.

Da ricordare inoltre che sui rimborsi grava la prescrizione quinquennale, cioè per quanti non hanno presentato istanza all’Inps entro il 31 dicembre 2016, i primi mesi di blocco sono andati perduti e non potranno essere richiamati.

Ecco perché sarebbe opportuno aderire a questo ricorso, anche pagando quanto richiesto dal pool di avvocati del sito che chiedono un rimborso spese per i ricorsi pari a 126,88 euro.