Le Pensioni sono un argomento importante e molto dibattuto dai governi di tutto il mondo. In particolar modo, in Italia, il tema pensionistico ha fatto addirittura piangere un Ministro (Fornero) nel 2011. Il problema più grande è la sostenibilità degli assegni pensionistici, a causa della crisi sempre più persone perdono il lavoro e le casse dell'INPS sono sempre più vuote. Nonostante questo il Governo pensa ci sia spazio per aumentare le pensioni minime.

La proposta del governo, aumentare la pensione minima

La proposta del Governo, probabilmente pensata in vista delle prossime elezioni, è sicuramente interessante.

Stefano Patriarca, il consigliere economico del Governo ha spiegato come sia possibile aumentare la pensione minima a 650 Euro a partire dal 2030. Addirittura il responsabile del lavoro del PD, Tommaso Nannicini, ha annunciato che non si tratta di una semplice ipotesi ma di una proposta concreta. Secondo Patriarca il governo sta studiando un meccanismo per affrontare il problema delle carriere professionali discontinue dei giovani d'oggi. I quali lavoratori, all'età pensionistica, senza una riforma si ritroverebbero ad avere una pensione non sufficiente al sostentamento.

Questo perché l'assegno che verrebbe loro erogato sarebbe calcolato con il metodo contributivo, cioè basato sull'ammontare dei contributi versati nel corso della vita lavorativa.

La proposta dunque si basa sulla possibilità di erogare un assegno minimo garantito di 650 Euro se si hanno alle spalle minimo 20 anni di contributi. Verrebbe poi aumentato di 30 € al mese per ogni ulteriore anno di contributi versati fino ad un massimo di 1.000 € mensili con 35 anni di contribuzione. In cambio però ci sarebbe l'adeguamento dell'età pensionistica in base ai dati ISTAT sulla longevità della vita.

Le criticità della proposta

Tra le tante proposte partorite da questo esecutivo questa è senz'altro una delle più popolari. In questo modo si garantirebbe una vita dignitosa per tutti i cittadini e si aumenterebbe gradualmente l'età pensionabile senza provocare allarme sociale. Questo può accadere come non accadere, in quanto la proposta non è pensata per l'immediato futuro ma sarebbe applicata a partire dal 2030, ovvero tra tredici anni.

Tanti governi e ministri dovranno ancora succedersi prima di allora, e questa non è che la prima criticità. Ci sono anche forti perplessità sulla sostenibilità dei conti per l'INPS. Inoltre la riforma livellerebbe molti contribuenti: chi ha versato di più e chi ha versato poco riceverebbe la stessa somma mensile, così facendo si creerebbero problemi di equità sociale.