Gli insegnanti italiani guadagnano troppo poco: è questo quello che si sente spesso dire nelle aule scolastiche e sui social network e, sebbene possa far comodo (a chi non è del mestiere) pensare a delle lagnanze di chi non è mai contento, a dirlo questa volta sono i dati che evidenziano una soglia di reddito sensibilmente inferiore per gli insegnanti italiani rispetto ai loro colleghi europei.

Fedeli, alle parole non seguono i fatti

La questione è stata recentemente sollevata anche da intellettuali quali gli scrittori Dacia Maraini e Michele Serra e la stessa Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli si è dimostrata sensibile e comprensiva rispetto a tale problematica, annunciando aumenti che dovrebbero arrivare con l’atteso rinnovo del contratto.

Gli insegnanti - ha detto la Fedeli - dovrebbero guadagnare quasi il doppio” rispetto a quanto guadagnano oggi, proprio “come già avviene in paesi come Francia e Germania”. Ma, malgrado gli slogan, la stessa Fedeli ha annunciato aumenti irrisori, del tutto insufficienti a restituire ai docenti il potere d’acquisto perso negli ultimi anni.

Gli insegnanti in Italia guadagnano circa il 16% in meno

Negli altri paesi dell’Unione un’insegnante con 15 anni di anzianità guadagna in media 35.600 dollari all’anno, circa il 16% in più rispetto ai loro colleghi italiani che in media ne percepiscono 30 mila. Peraltro, in media lo stipendio di un docente italiano è pari ad appena il 74% di quello di un laureato dipendente full time.

A questo poi va poi aggiunto il fatto che i docenti si trovano spesso a lavorare in edifici cadenti, classi sovraffollate e devono talvolta fare la spola tra un edificio scolastico e un altro. E tutto questo senza considerare gli elevati livelli di stress e la minaccia costante della sindrome da burnout (cioè da sfinimento) cui vanno incontro, senza che nemmeno il loro Lavoro venga assimilato a quello dei cosiddetti lavori usuranti.

In Italia infatti solo agli insegnanti della Scuola dell’infanzia è riconosciuto lo status di “lavoratori usurati” ed è concesso di andare in pensione prima rispetto ai colleghi, ma non è mai stato chiaro con quali criteri sia stato concesso questo privilegio.

Rinnovo contratto: aumenti per soli 85 euro lordi

Tralasciando le questioni pensionistiche, però, della consapevolezza e necessità di mettere mano agli stipendi dei docenti ha parlato la stessa ministra Valeria Fedeli nell’ambito del rinnovo del contratto scaduto nel 2009.

La ministra ha parlato infatti di un aumento “medio” per i lavoratori statali (lasciando intendere che per gli insegnanti potrebbe essere più alto) di circa 85 euro, per giunta lordi, che diverrebbero circa 56 euro netti. L’Anief però ha ricordato che in questi anni di blocco stipendiale “l’inflazione è cresciuta di 14 punti percentuali” con la conseguenza che “dobbiamo avere sette punti di aumento in stipendio, mensili, da settembre 2015”, vale a dire dalla data fissata dalla Corte Costituzionale. In termini monetari questo significherebbe, per uno stipendio medio di 1500 euro un aumento di circa 105 euro netti per 20 mesi di arretrati fino ad oggi e poi a seguire. A questo calcolo, relativo all’indennità di vacanza stabilita pari al 50% dell’inflazione, secondo i calcoli Anief andrebbe poi aggiunta un ammontare di pari importo per recuperare l’erosione del potere d’acquisto per effetto dell’aumento del costo della vita. In totale quindi servirebbero almeno 210 euro netti, altro che 85 lorde.