C’era attesa per i dati economici della nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, che avrebbero segnato il punto della situazione per la prossima Legge di Bilancio. In pratica, con il DEF si capiscono quante risorse ci sono da poter inserire in manovra finanziaria che a fine ottobre, come consuetudine, il Governo dovrà presentare. L’attesa era tanta anche e soprattutto per le Pensioni, con una riforma previdenziale che dovrebbe essere parte integrante della prossima Legge di Stabilità. Una riforma previdenziale che dovrebbe, se non proprio sostituire la Legge Fornero, almeno correggere la durezza delle sue norme.
In pratica si prosegue il lavoro iniziato nel 2015 quando furono create Ape sociale e quota 41 per i precoci e si dovrebbe mettere a punto quanto è emerso dai ripetuti incontri tra Governo e sindacati. Urge intervenire anche perché nei prossimi anni, i requisiti di accesso alle pensioni, un po’ per via della Fornero ed un po’ per adeguarsi a delle regole che provengono da Bruxelles, rischiano di aumentare ancora.
Notizie negative dalla nota
Il DEF non fa altro che tracciare la linea di demarcazione della spesa che sarà possibile mettere in previsione nella futura Legge di Bilancio. Le priorità del Governo sembrano diverse da quelle previdenziali, con la questione rinnovo del contratto per i lavoratori statali e con le politiche di rilancio occupazionale da mettere in atto.
Le pensioni sembrano passare in secondo piano, nonostante negli ultimi mesi si sia fatto un gran parlare di fase 2, pensioni di garanzia, aspettativa di vita e quota 100. Tutte cose che rappresentano i nodi cruciali e le necessità di un sistema previdenziale che dati alla mano, risulta uno dei più aspri d’Europa. L’aspettativa di vita che dovrebbe produrre l’aumento delle soglie di accesso per le pensioni di vecchiaia a 67 anni e quelle anticipate a 43 anni e 3 mesi di contributi.
La pensione di garanzia che andrebbe a tutelare i giovani di oggi che sono alle prese con la disoccupazione ed il precariato. Infine la quota 100, proposta dalla Commissione Lavoro della Camera ed anche dalla Lega Nord come panacea per la flessibilità mancante nel nostro sistema. Tutte misure che dopo le parole del Ministro dell’Economia Padoan, a margine dell’approvazione della nota di aggiornamento del DEF, sembrano allontanarsi.
Il Ministro ha ribadito il concetto che interventi generalizzati in materia previdenziale saranno impossibili da mettere in atto. Parole che fanno il paio con quelle del Ministro Poletti quando parlò di sentiero stretto in cui muoversi, riferendosi ai soldi disponibili per le pensioni.
Ci sono ancora speranze?
Il DEF ha confermato una cosa, cioè che il blocco dell’aspettativa di vita non sarà facile portarlo a compimento, nonostante i sindacati continuino la loro operazione di persuasione nei confronti dell’Esecutivo. Viene confermata la sensazione che già si aveva dopo gli appunti della Ragioneria di Stato e dopo la presa di posizione di Boeri per conto del suo Istituto e cioè che gli aumenti delle soglie di accesso previsti dal 2019, servono per dare stabilità e sostenibilità al sistema previdenziale.
Risparmi di spesa pubblica già messi in preventivo che adesso è difficile cancellare. Piccoli interventi come l’estensione del perimetro di applicazione dell’Ape sociale, soprattutto per le donne lavoratrici dovrebbero essere messi in atto i manovra. Per quanto riguarda quota 100 invece, le speranze sono flebili, ma non del tutto assenti. La UIL, uno dei sindacati attivi al tavolo della trattativa è uscito con una nota stampa del suo segretario confederale Proietti. Nella nota si parla di cifre e si accusa il Governo di aver distolto in questi ultimi anni, molti soldi dalla previdenza. In pratica, secondo la UIL, i soldi per intervenire in maniera generalizzata sulle pensioni, sarebbero già disponibili.
Dal 2009 ad oggi i vari Governi hanno eroso e fatto cassa dalla previdenza. Basti pensare alla grande operazione di taglio della spesa pensionistica messa in atto dalla Fornero, oppure al prelievo di danaro dai fondi creati per esodati, lavori usuranti o per opzione donna. Tutti soldi che avrebbero dovuto finanziare quelle necessità pensionistiche oggetto di quelle misure e che invece sono finite in altre voci di bilancio statale, cioè per coprire il debito pubblico. Tra i 5 ed i 6 miliardi, tanto secondo la UIL sarebbe possibile recuperare, ridestinando quei soldi al loro scopo originale. Soldi che potrebbero servire anche per finanziare la ormai celebre quota 100, con la pensione che si potrebbe percepire, nella massima flessibilità, a partire dai 62 anni di età, in base agli anni di contributi versati che si andrebbero a sommare all’età anagrafica per raggiungere la quota necessaria.